7Twelve portfoglio: la forza della diversificazione di Pietro Farese
  1. Premessa

Prima di affrontare questa nuova ed interessante strategia, è bene ricordare ancora una volta i punti fondamentali su cui questa serie di articoli poggia.

Tutti i portafogli modello, intesi come espressione plastica delle strategie sottese fin qui visti, che puoi rileggere seguendo i link qui di seguito nel caso te li fossi persi, e quelli che verranno presentati in seguito

sono accomunati da una logica c.d. “lazy” (dall’inglese “pigro”); sono sostanzialmente portafogli che richiedono poca manutenzione nel tempo pur fornendo robustezza, flessibilità ed equilibrio nonché buone performance.

Da un punto di vista filosofico questi portafogli partono dal presupposto che la performance, tanto agognata dall’investitore, non è prodotta dall’uomo (sia esso il Consulente, il brand per cui il Consulente lavora, il gestore che sta dietro il prodotto finanziario acquistato oppure il brand del prodotto stesso). L’idea semplice (investire è semplice ma non facile – cit. Warren Buffet) è che i mercati, nel loro incessante oscillare producano performance e che tali performance possano essere “pescate” con le adeguate “reti” (i portafogli).

L’idea non è quella di costruire il miglior portafoglio del mondo (occorrerebbe specificare cosa si intende con “migliore”) ma, piuttosto, un portafoglio che nel tempo sia in grado di resistere meglio ai sussulti dei mercati, quindi di navigare con qualunque condizione di mare, potremmo dire, permettendo un viaggio sereno e confortevole all’investitore.

Un ulteriore punto chiave di queste strategie è che il focus delle stesse non è sulla ricerca di rendimento ma piuttosto sulla protezione del capitale investito che produce, secondariamente, interessanti performance.

Questo è un punto molto importante; nella quasi totalità dei casi chi investe il proprio denaro pensa, o spera, di comprare un rendimento ed ignora che invece compra sempre rischio. Il punto di ciò è che quasi sempre si ignora il significato di rischio, non si sa come gestirlo, non si sa quale sia la corretta remunerazione per il rischio corso, insomma non si sa nulla o quasi nulla ma si cerca un rendimento.

Queste strategie lavorano proprio su quelle componenti del processo di investimento troppo spesso pericolosamente ignorate per correre dietro ad un rendimento di cui si ignora il reale prezzo.

  1. Introduzione

 

Il portafoglio 7 – 12 (noto anche come 7Twelve portfolio) è un portafoglio multiasset bilanciato che, a differenza del classico 60/40, utilizza più asset class e più strumenti con l’obiettivo di ridurre il rischio e aumentare la performance.

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La strategia in oggetto, sviluppata nel 2008 da Craig L. Israelsen,  suggerisce nei suoi libri l’utilizzo di 7 asset class declinate su 12 strumenti (da cui il nome). Benché si tratti di un portafoglio bilanciato, a prima vista può apparire piuttosto aggressivo con un 65% di azionario ed altre attività diversificate ed un 35% di obbligazionario e liquidità; tuttavia vedremo che la strategia risulta ben bilanciata e robusta.

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Questo portafoglio può essere un ottimo portafoglio “core”, cioè potrebbe declinare la parte strategica di un qualsiasi portafoglio a cui andrebbe affiancata una strategia più tattica e più a misura dell’investitore.

 

2.1 La diversificazione

Il punto di forza di questo interessante portafoglio è la notevole diversificazione di asset class e strumenti. A causa dell’approccio visto in premessa, la maggior parte degli investitori è sotto-diversificata, non possiede nei propri portafogli né materie prime né immobili ad esempio, nonostante il fatto che si tratti di 2 asset class che rappresentano circa il 41% di tutte le attività investibili a livello globale; detenere queste asset class insieme all’azionario ed all’obbligazionario aiuta a rendere il portafoglio più sicuro.

 

  1. La strategia

Molte sono le interpretazioni disponibili di questa formidabile strategia, ognuna delle quali pone l’accento su alcuni aspetti o su alcuni punti di forza e, al tempo stesso, offre il fianco a qualche debolezza. Trattandosi di una strategia sviluppata negli Stati Uniti, di base prevede un forte utilizzo del mercato USA; tuttavia vale ricordare che, coerentemente con la ricerca di massima ed efficace diversificazione, è più sensato immaginare uno sviluppo sulla base dei mercati globali pur restando nelle asset class previste.

Analizzeremo qui la versione che mi sembra maggiormente condivisa nell’ambiente e che possiamo considerare come “classica”.

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Come si vede, ad ogni strumento è attribuito 1/12 del peso totale, cioè tutti gli strumenti sono equipesati.

Facendo un’analisi superficiale vediamo subito una struttura che prevede un “motore”, a cui è attribuito il compito di raccogliere le performance (l’alpha oppure, eventualmente, generare un beta), ed un “sistema frenante” a cui spetta il compito di mantenere in sicurezza, di stabilizzare, l’intero portafoglio:

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La caratteristica fondamentale di questa strategia, potremmo dire tipica dell’approccio “Lazy” di tutti i portafogli fin qui incontrati, è avere il focus, concentrarsi, sul lungo periodo piuttosto che inseguire la performance di breve periodo. Ribilanciare adeguatamente ed opportunamente il portafoglio, accompagnandolo nei suoi movimenti di ritorno alla media permette all’investitore di raccogliere, nel lungo periodo, risultati superiori a quelli ottenuti in uno stesso periodo inseguendo le opportunità che di volta in volta si possono presentare.

Lo sviluppatore di questa strategia, Craig Israelsen, in un suo paper di gennaio 2022, sintetizza questo concetto con il supporto di dati reali degli ultimi 20 anni.

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  1. Il portafoglio 7Twelve (7 – 12) alla prova dei numeri.

 

Come abbiamo visto nell’introduzione, questo portafoglio è stato sviluppato nel 2008 ma, immaginando di avere questa struttura di portafoglio negli ultimi 50 anni, come si sarebbe comportato in un arco di tempo più che doppio?

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Il portafoglio ha registrato un risultato positivo nel 75% degli anni tra il 1970 ed il 2021 (38 anni) con un CAGR medio (al netto dell’inflazione) del 5,8% ed una volatilità media pari al 9,2%.

Per farci un’idea della validità e della robustezza di questa strategia possiamo confrontarla con quelle fin qui incontrate:

Rispetto allAll Season Portfolio presenta una percentuale lievemente minore di successo (75% vs 77%) ma con un CAGR maggiore di 0,2 punti (5,8% vs 5,6%) ed una volatilità, una rischiosità, maggiore di 1,1 punti (9,2% vs 8,1%).

Rispetto al Golden Butterfly Portfolio presenta una percentuale di successo inferiore di 9 punti (75% vs 84%) con un CAGR inferiore di 0,6 punti (5,8% vs 6,4%) ed una volatilità maggiore di 1,4 punti (9,2% vs 7,8%).

Stessa percentuale di successo del Pinwheel Potfolio nel cui confronto del CAGR è inferiore di 0,8 punti (5,8% vs 6,6%) ma con una volatilità, una rischiosità, inferiore di 1,5 punti (9,2% vs 10,7%).

Nel confronto con lo Swensen Portfolio riscontriamo una percentuale di successo analoga (75% vs 76%) con un CAGR inferiore di 0,7 punti (5,8% vs 6,5%) ma con una volatilità inferiore di 2 punti (9,2% vs 11,2%).

Fin qui la strategia esce bene dal confronto con i più importanti Lazy Portfolios ma proseguiamo l’analisi dei numeri.

In termini di rischiosità, il 7Twelve Portfolio si presenta così:

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Un DrawDown massimo (MDD) del 25% ed un Recovey Period di circa 8 anni con un Ulcer Index di 5,2.

Anche in questo caso proviamo a comparare la strategia 7Twelve  con alcune di quelle fin qui incontrate.

Rispetto all’All Season, negli ultimi 51 anni ha mostrato un MDD più profondo di 9 punti (25% vs 16%) mentre nel Recovery Period è più veloce di circa 2 anni (8 vs 10). In termini di Ulcer Index presenta una rischiosità più accentuata di 1,3 punti (5,2 vs 3,9).

Rispetto al Golden Butterfly Portfolio, presenta un MDD maggiore di 14 punti (25% vs 11%) con un Recovery Period maggiore di 6 anni (8 vs 2) ed un Ulcer Index doppio (5,2 vs 2,6). Al di là del fatto che il Golden Butterfly Portfolio è uno dei migliori Lazy Portfolios conosciuti, in questo confronto il 7Twelve è oggettivamente peggiore.

Presenta invece un MDD analogo a quello del Pinwheel Portfolio (25% vs 26%) con un Recovery Period  maggiore di 3 anni (8 vs 5) ed un Ulcer Index inferiore di 0,9 punti (5,2 vs 6,1).

Vediamo ancora lo Swensen Portfolio nel cui confronto presenta un MDD inferiore di 10 punti (25% e 35%) con un Recovery Period più breve di 2 anni (8 vs 10) ed un Ulcer Index migliore, cioè meno rischioso, di 3,6 punti (5,2 vs 8,8).

In sintesi possiamo considerare il 7Twelve Portfolio mediamente in linea, seppur con gli estremi dello Swensen Portfolio e del Butterfly Portfolio, con i portafogli incontrati fin qui e, più in generale, possiamo affermare che rispecchia nella concretezza dei numeri le caratteristiche dei Lazy Portfolios.

Guardando più in dettaglio l’andamento rolling del 7Twelve Portfolio, a 10 anni riscontriamo la seguente distribuzione:

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Chiunque avesse investito (e mantenuto il portafoglio per 10 anni ribilanciandolo periodicamente) tra il 1970 ed il 2011 avrebbe sempre ottenuto un risultato positivo.

Con un CAGR minimo di 1% per chi avesse iniziato nel 1973 oppure nel 2006, 2007, 2008 ed uno massimo di 11% per chi avesse iniziato nel 1982.

Spostando l’orizzonte a 15 anni abbiamo questo quadro:

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Ancora una volta chiunque avesse iniziato ad investire con questa strategia dal 1970 al 2007 ed avesse mantenuto il portafoglio per 15 anni ribilanciandolo periodicamente, avrebbe sempre ottenuto un CAGR positivo con un minimo del 2% per chi avesse iniziato nel 2004 oppure nel 2006 o 2007 ed un massimo del 10% per chi avesse iniziato nel 1982 oppure nel 1983 – 85. Trattandosi di un approccio di tipo Life Strategy, osserviamo anche l’andamento a 20 anni:

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Chiunque avesse iniziato ad investire in un anno qualsiasi tra il 1970 ed il 2002 ed avesse mantenuto il portafoglio per 20 anni ribilanciandolo periodicamente, avrebbe sempre ottenuto un CAGR positivo con un minimo del 3% per chi avesse iniziato nel 1999 oppure nel 2000 – 01 ed un massimo del 9% per chi avesse iniziato nel 1985.

Un breve inciso: questi dati attestano che investire (non solo su un portafoglio 7Twelve) significa avere un focus sul lungo periodo, non inseguire la performance investendo su ciò che è andato meglio nell’ultimo anno e ribilanciare periodicamente il portafoglio. Ciò che esce da questa logica è ascrivibile al campo della speculazione con tutto ciò che questo comporta in termini di rischiosità e di gestione della stessa.

 

  1. Per chi è indicata questa strategia

 

Come qualsiasi altra strategia, anche il 7Twelve Portfolio non è adatto a tutti i tipi di investitori. D’altronde gli obiettivi, l’orizzonte temporale e le capacità finanziarie differiranno da investitore ad investitore. Per la sua struttura bilanciata, ricordo che è equiparabile ad un classico portafoglio 60/40, questa strategia è particolarmente indicata per investitori “Senior” purché siano in grado di sopportare una buona volatilità con MDD significativi. A questo proposito si segnalano alcune varianti adatte alle varie fasce di età degli investitori:

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  1. Conclusioni

 

Prima di trarre le conclusioni di questa analisi, ricapitoliamo qui i vantaggi e gli svantaggi emersi durante l’analisi:

  • Vantaggi:
    • La strategia 7Twelve è stata sviluppata da uno dei maggiori esperti americani in campo pensionistico;
    • Il portafoglio prevede l’utilizzo di una vasta diversificazione di asset class e di strumenti su cui le stesse sono declinate;
    • Questo è uno dei pochi portafogli (Lazy) che utilizza le mid-cap; le mid-cap hanno storicamente performato meglio delle large-cap;
    • Il portafoglio risulta molto semplice da capire e da bilanciare periodicamente.
  • Svantaggi:
    • Il portafoglio potrebbe risultare troppo esposto verso le commodities (oltre il 16%); questa asset class può essere più delicata da gestire per via delle logiche legate ai contratti Future ampiamente utilizzati su questo mercato e per i particolari effetti di Backwordation e Contango;
    • Investire in mid-cap se da una parte rappresenta un’opportunità storicamente solida dall’altra può esporre l’investitore ad una volatilità più complessa da accettare.

In conclusione, abbiamo analizzato un altro portafoglio Lazy con buone caratteristiche di robustezza e di persistenza delle performance nel tempo. Come già detto in altre analisi non si tratta di accendere i riflettori sul migliore portafoglio possibile ma di osservare che le possibilità per investire in modo intelligente, robusto, persistente nei risultati nel tempo e, soprattutto con un buon controllo del rischio è possibile e lo è seguendo poche semplici ma rigide regole.

Questi portafogli, quest’ultimo come i precedenti, sono sviluppabili con prodotti c.d. “attivi” oppure con prodotti c.d.”passivi” (fondi oppure ETF/ETC); ciò che va sottolineato non è tanto, e  non solo, la robustezza ed il rischio controllato ma il fatto che questi portafogli richiedono un approccio mentale da parte dell’investitore che attualmente non è così comune.

Come detto si tratta di portafogli con approccio “Lazy”, ciò significa orizzonti temporali lunghi e, soprattutto avere ben chiaro che non si investe per andare a caccia di rendimenti, di performance, ma per proteggere il capitale; utilizzando giuste strategie per questa protezione si ottengono sempre risultati più che buoni e comunque, sul lungo periodo, migliori di chi insegue il rendimento.

 

Ancora una volta mi sembra opportuno ricordare il celebre aforisma di Warren Buffet:

Investire è semplice, ma non facile.

Al celebre aforisma di Warren Buffett mi permetto di aggiungere “… se sai cosa fare”

A cura di:

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