L’Australia è tra i migliori paesi al mondo in cui vivere, secondo una serie di classifiche internazionali che confrontano le diverse nazioni in base a parametri quali ricchezza, istruzione, salute e qualità della vita. In termini di dimensioni, è il sesto paese più grande per estensione, nonostante una popolazione relativamente piccola (circa 25 milioni di abitanti,) che vive soprattutto lungo le coste orientali e sudorientali. Da un punto di vista geografico, è collocata tra due oceani: l’Indiano e il Pacifico, una posizione che la pone a cavallo tra due mondi, quello occidentale e quello asiatico, con cui divide aspirazioni, alleanze e relazioni economiche.
Clicca sull’immagine per accedere alla fonte
Nel definire la sua politica estera, l’Australia ha prima guardato all’Europa, agli Stati Uniti e alla Nuova Zelanda, alleati storici con cui è schierata, ed è contestualmente impegnata a gestire le relazioni diplomatiche, soprattutto di natura commerciale, con Cina, Giappone, India e i paesi Asean. La ricchezza di materie prime ha reso il Paese dei canguri un partner importante per le economie dell’area, con lo sviluppo di forti legami con l’Asia, vista la crescita di alcune delle nazioni della regione, tra cui in primis quella cinese. Tuttavia, negli ultimi anni, le relazioni tra Canberra e Pechino sono andate deteriorandosi.
Cinquanta anni di Cina
Quest’anno si festeggia il 50° anniversario da quando si sono instaurate le relazioni diplomatiche tra l’Australia e la Repubblica popolare cinese. Secondo Elena Collins, dell’Australia-China Relations Institute, University of Technology di Sydney, sebbene questa ricorrenza possa essere vista come un’occasione per un disgelo delle relazioni tra i due paesi, le elezioni federali da un lato e il 20° Congresso nazionale del partito nella Repubblica popolare cinese dall’altro fanno supporre che sia improbabile assistere a cambiamenti significativi nell’immediato. Detto ciò, non è esclusa la possibilità che si possa verificare una maggiore stabilità tra Pechino e Canberra.
Clicca sull’immagine per accedere alla fonte
Il rapporto tra Australia e Cina è stato messo a dura prova dalla fine del 2016, con difficoltà che si sono acuite durante la pandemia di Covid-19 e, attualmente, le relazioni sono forse al livello più basso dal 1972. Dopo alcuni sforzi per riportare i due partner su un terreno cordiale, c’è stato un graduale declino, iniziato nel 2018 con l’esclusione di Huawei e Zte dalla realizzazione della rete 5G in Australia. Gli attriti sono aumentati all’inizio del 2020, con una serie di investigazioni su prodotti provenienti dalla Cina da parte della Commissione anti-dumping australiana, che si sono concluse con il mantenimento di dazi su più beni cinesi. La situazione è poi precipitata con lo scoppio della pandemia, quando il governo australiano, nell’aprile 2020, ha chiesto l’apertura di un’indagine internazionale indipendente sulle origini e la diffusione del Covid-19.
La risposta di Pechino è stata l’imposizione di una tariffa dell’80,5% sulle esportazioni australiane di orzo, con un successivo inserimento nella lista nera delle importazioni di carne bovina che, secondo quanto riferito, rappresentavano circa il 35% delle esportazioni totali di carne bovina australiana verso la Cina continentale. Nel corso del 2020-2021, Pechino ha poi continuato a infliggere costantemente punizioni commerciali con tariffe fino al 212% applicate al vino australiano, nonché restrizioni informali su altri beni come carbone termico e da coke, cotone, legname e aragoste. La Commissione nazionale per lo sviluppo e la riforma cinese ha poi sospeso a tempo indeterminato il dialogo economico strategico Cina-Australia. Nel 2021 il governo australiano ha ripudiato gli accordi stretti dallo Stato federato di Victoria con Pechino per una collaborazione nella Belt and Road Initiative, cancellando così i due memorandum d’intesa siglati nel 2018 e nel 2019.
Quanto pesa Pechino?
Negli ultimi due decenni, la Cina è diventata il più grande partner commerciale dell’Australia ed è, secondo i dati riportati dall’Fmi, la più importante destinazione per le esportazioni australiane (rappresenta circa il 40% dell’export totale), nonché la principale fonte di importazione (circa il 25% dell’import complessivo). Nel 2019, la Cina ha superato la Nuova Zelanda come maggiore fonte di arrivi di visitatori a breve termine in Australia. Al contrario, i flussi finanziari tra Australia e Cina rimangono limitati: l’investimento cinese rappresenta solo circa il 2% delle passività estere australiane. Anche l’Fmi evidenzia che le relazioni diplomatiche tra i due paesi sono peggiorate negli ultimi anni, durante i quali entrambi hanno intrapreso azioni che hanno inciso anche sulle relazioni economiche, compresa l’imposizione di restrizioni all’importazione e l’annullamento dei dialoghi economici ad alto livello e di diverse iniziative.
Clicca sull’immagine per accedere alla fonte
Le limitazioni imposte dalla Cina su alcune esportazioni australiane (carbone, orzo, vino, roccia, aragoste, cotone, forniture di carne selezionata e prodotti di legno) hanno ridotto il commercio bilaterale di alcuni ambiti specifici, ma con effetti limitati sull’aggregato dell’economia. Per il carbone, di gran lunga il più grande settore soggetto a restrizioni, le esportazioni verso la Cina sono state dirottate verso altri mercati con un calo limitato dell’export aggregato. L’istituto avverte che un ulteriore deterioramento delle relazioni economiche potrebbe avere un impatto negativo sulle esportazioni australiane e sulla crescita in futuro.
L’economia australiana
Per quanto riguarda l’andamento dell’economia, l’attività interna ha registrato una forte ripresa nel trimestre chiuso a dicembre, guidata da un aumento della spesa delle famiglie con l’allentamento delle restrizioni per la variante Delta. La diffusione di Omicron, sostiene la Reserve Bank of Australia rallenterà la crescita nel trimestre finito a marzo, ma si prevede che avrà un impatto molto minore sull’attività economica rispetto alle precedenti ondate di Coronavirus.
Clicca sull’immagine per accedere alla fonte
Nello scenario centrale, delineato dalla Banca centrale, si prevede che il Pil 2021 sia cresciuto del 5% rispetto al 2020 e che aumenterà di circa il 4¼% nel 2022 e del 2% nel 2023.
Come è ben noto, il Paese è ricco di risorse naturali e caratterizzato da un elevato dinamismo economico. Dal 1992 e fino allo scoppio della pandemia da Covid-19, l’Australia ha registrato tassi di crescita economica ininterrotta e al di sopra della media delle economie Ocse con incrementi del 2-3% all’anno. Pur ospitando solo lo 0,3% della popolazione mondiale, l’Australia rappresenta l’1,5% dell’economia globale. La bilancia commerciale, alla fine di dicembre 2021, confermava un saldo positivo 45 miliardi di euro con l’export trainato dalle materie prime, in particolare ferro, che vale più del 50% dell’intera industria mineraria. Le esportazioni di beni e servizi rappresentano il 22,8% del Pil, mentre le importazioni valgono il 19%; entrambe le voci sono in crescita rispetto al 2020, nell’ordine 22,1% e del 18,3%.
Clicca sull’immagine per accedere alla fonte
La politica monetaria
In risposta alla crisi economica causata dalla pandemia, la Rba ha attuato politiche monetarie espansive inserendo liquidità nell’economia e portando il tasso di interesse al minimo storico dello 0,1%. Nell’ultimo comunicato, il Consiglio della Banca centrale ha affermato che si impegna a mantenere condizioni monetarie altamente favorevoli per raggiungere gli obiettivi di ritorno a una piena occupazione e ha indicato che il tasso di cambio non sarà aumentato fino a quando l’inflazione effettiva non sarà sostenibile all’interno della forbice target del 2-3%.
Nonostante il recente aumento del costo della vita, lo stesso Consiglio ha commentato che è troppo presto per concludere che ci sarà un rientro in modo sostenibile nell’intervallo target. «Vi sono incertezze sulla persistenza della ripresa dell’inflazione, dati i recenti sviluppi nei mercati energetici globali e i continui problemi dal lato dell’offerta. Allo stesso tempo, l’aumento dei salari rimane modesto ed è probabile che ci vorrà ancora tempo prima che la crescita del costo del lavoro raggiunga un tasso coerente con l’inflazione sostenibile.
Clicca sull’immagine per accedere alla fonte
Coerentemente con il giudizio secondo cui è improbabile che la condizione per un aumento del cash rate si realizzi prima del 2024, la Banca resta impegnata nell’obiettivo di rendimento a tre anni». La Rba ha così dichiarato che non considera «di rimuovere l’obiettivo o di modificare l’obiettivo da 10 punti base».
Clicca sulle immagini per accedere alla fonte
LA SPERANZA RCEP
Nel frattempo, dal 1° gennaio 2022 è entrato in vigore il Regional comprehensive economic partnership (Rcep), il più grande accordo di libero scambio al mondo: è progettato per includere 15 paesi asiatici e offre nuove opportunità multilaterali all’Australia di cooperare con i suoi vicini dell’Asean e la Cina. Come rimarca Peter Van Ness, visiting fellow in the Department of International Relations presso la Coral Bell School of Asia Pacific Affairs, The Australian National University l’Australia dovrebbe cogliere l’occasione per sollevare, all’interno dell’accordo di libero scambio, la questione delle tariffe punitive cinesi sulle importazioni australiane.
Clicca sull’immagine per accedere alla fonte
Un altro terreno di avvicinamento tra Canberra e Pechino, sempre secondo Van Ness, potrebbe essere la questione delle Isole Salomone. Qui, verso la fine del 2021, era scoppiata una protesta contro il primo ministro Sogavare che aveva deciso di aprire rapporti diplomatici con la Cina, tagliando invece quelli con Taiwan. Per sedare la rivolta, l’Australia, che ha un patto di sicurezza con l’Arcipelago, aveva mandato polizia ed esercito, tenendoci però a specificare che non intendeva intromettersi negli affari interni del paese. Secondo lo studioso, sia le nuove relazioni commerciali con la Cina, sia ora, potenzialmente, la collaborazione al mantenimento della pace nelle Isole Salomone, potrebbero essere un primo passo nel tentativo di ripristinare un rapporto di lavoro nell’anno in corso. Ciò non significa ovviamente che il governo australiano smetta di condannare la politica cinese nei confronti degli Uyghur e delle minoranze nello Xinjiang, le incursioni nel mare meridionale cinese e il tradimento degli impegni presi nel 1997 nei confronti di Hong Kong. Il Rcep potrebbe diventare un’occasione per l’Australia di rafforzare i rapporti con i paesi vicini, soprattutto nell’area Asean e Pacifico nel suo complesso, per poi ridisegnare i propri rapporti con Pechino.
a cura di
Tratto da: