La discussione sulle valutazioni dei mercati finanziari è sempre un tema di grande attualità.
Valutazioni più o meno care determinano risultati più o meno soddisfacenti: secondo la logica del “compra basso e vendi alto” il momento ideale per investire in azioni lo si ha quando le valutazioni sono depresse. Viceversa valutazione elevate determinano rendimenti deludenti.
Puntualmente analisti ed esperti si dividono tra chi sostiene che le valutazioni abbiano raggiunto livelli da capogiro rispetto alle medie storiche e chi, viceversa, argomenta che il mondo è cambiato e le metriche del passato non sono più idonee per poter fare misurazioni realistiche.
Oggi si aggiunge un ulteriore tassello al rompicapo: i rendimenti delle obbligazioni sono saliti su livelli che non si vedevano da decenni.
Questo rende poco giustificabile farsi carico del rischio azionario, ragion per cui i principali indici sarebbero prossimi a un salutare ribasso.
Alla luce del rialzo dei rendimenti obbligazionari le azioni sono davvero così care?
Esistono dei parametri affidabili per effettuare valutazioni oggettive?
Quali accorgimenti può seguire l’investitore per mitigare il problema delle valutazioni elevate?
In questo articolo proveremo a dare risposte a questi interrogativi sempre più attuali.
I due criteri per misurare le valutazioni azionarie
Le valutazioni azionarie possono essere misurate sulla base di due diversi criteri, uno assoluto e uno relativo.
Ognuno di essi risponde a due domande diverse:
- Quale rendimento posso aspettarmi dalle azioni (criterio assoluto)?
Le azioni rappresentano quote di proprietà di società reali, che producono utili reali pertanto danno il diritto di percepire una parte dei guadagni che queste società realizzano.
Qual è il guadagno che posso aspettarmi dagli utili aziendali rispetto al prezzo che pago? - Quale rendimento posso aspettarmi dalle alternative disponibili (criterio relativo)?
Le azioni, ovviamente, non sono l’unica soluzione di investimento che abbiamo a disposizione.
Esistono delle alternative più o meno remunerative. Quanto è conveniente il rendimento offerto da queste alternative rispetto a quello offerto dalle azioni?
Criterio assoluto delle valutazioni: dal price earning al CAPE
Il metodo convenzionalmente utilizzato per valutare la quotazione di un’azione è quello di rapportare gli utili che produce con il prezzo a cui la si può comprare.
Il rapporto Price/Earning mette in relazione proprio il prezzo di un’azione con i suoi utili:
- Un’azione che ha un prezzo di € 25 e un utile di € 1 avrà un price earning di 25 (25:1).
- Un’azione che ha un prezzo di € 25 e un utile di € 2 avrà un price earning di 12,5 (25:2).
Tanto minore è il prezzo di un’azione rispetto agli utili che rappresenta, tanto più l’azione sarà conveniente.
Quindi un price/earning basso corrisponde a una maggior convenienza per l’investitore.
È possibile calcolare il price/earning per interi settori (includendo nel calcolo utili e quotazioni delle azioni che appartengono allo stesso settore) o per intere aree geografiche (Stati Uniti, Europa, Paesi Emergenti ecc..).
Il principale limite del price/earning è dato dalla poca profondità del calcolo che ne sta alla base: il P/E considera soltanto gli utili dell’ultimo periodo (generalmente l’ultimo anno) che potrebbero essere stati influenzati da fattori esterni all’attività aziendale: in periodi di espansione economica gli utili saranno sostenuti da condizioni “esterne” favorevoli. In periodi di contrazione economica accade il contrario.
Per superare questo limite nel 1998 l’economista Robert Shiller (premio Nobel per l’economia) ha teorizzato la misurazione del price earning utilizzando la media degli utili degli ultimi 10 anni.
In questo modo il calcolo è molto più realistico perché considera un arco temporale più esteso e condizioni economiche vantaggiose e svantaggiose. Il risultato diventa così molto meno condizionato dai fattori esterni.
Shiller crea così il Ciclically Adjusted Price Earning (CAPE).
Il CAPE è oggi uno dei parametri più affidabili le valutazioni dei mercati azionari.
CAPE: le azioni sono care?
Questo grafico mostra l’andamento storico del CAPE per il mercato azionario più importante, quello statunitense (che, ricordo, rappresenta il 70% circa del mercato azionario globale):
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Non è fondamentale essere dotati di competenze tecniche specifiche per concludere che un livello di 29 rispetto a una media storica di 17 non è propriamente indice di particolare convenienza. In termini puramente oggettivi il mercato azionario è piuttosto caro, rapportato alle medie storiche.
Parlando in termini teorici, il CAPE ci dice che i rendimenti per i prossimi 10 anni saranno probabilmente più bassi rispetto alla media storica delle azioni.
Allo stesso tempo pensare di utilizzare il CAPE per prevedere i movimenti dei mercati azioni per i mesi a venire è una pessima idea perché il CAPE non è assolutamente un predittore dell’andamento del mercato nel breve termine.
Un utilizzo improprio del CAPE può, inoltre, portare a scelte di investimento decisamente errate: chi avesse deciso di seguire il buonsenso investendo in azioni soltanto in corrispondenza di un livello di valutazioni convenienti, si sarebbe perso la maggior parte dei rialzi azionari.
Il grafico confronta l’indice S&P500 con il CAPE:
la linea orizzontale nera contraddistingue la media storica del CAPE, le aree verdi i periodi di sottovalutazioni (e quindi di “convenienza”) del mercato azionario:
Clicca sull’immagini per accedere alla fonte: rielaborazione del foglio excel da parte dell’autore
Non si può certo negare che il mercato azionario (ricordiamoci che stiamo parlando di Stati Uniti) è oggettivamente caro, anzi lo è da molto tempo anche se non abbiamo raggiunto le valutazioni folli degli anni 2000.
In ogni caso la storia dice che valutazioni elevate non hanno impedito alle azioni di procedere nella corsa al rialzo e restituire rendimenti decisamente molto buoni.
La storia degli ultimi 40 rappresentati dal grafico ci dice che effettuare scelte di investimento basandosi esclusivamente sulle valutazioni è stata una strategia decisamente perdente.
Del resto lo stesso Shiller, ammette che non necessariamente un livello del CAPE elevato si traduce in risultati deludenti.
E qui entrano in gioco le valutazioni relative: le azioni non sono necessariamente care o convenienti in senso assoluto ma diventano più o meno attraenti o rispetto alle alternative disponibili.
La principale soluzione di investimento alternativa alle azioni sono, appunto, le obbligazioni.
Criterio relativo delle valutazioni: meglio azioni o obbligazioni?
Le due alternative di investimento più importanti a cui possiamo rivolgersi sono azioni e obbligazioni.
A prescindere dalle considerazioni soggettive su obiettivi e tolleranza al rischio, l’investimento azionario è, per sua natura, più rischioso di quello obbligazionario e, pertanto, deve offrire un rendimento aggiuntivo, il cosiddetto “premio al rischio” (o “Equity Risk Premium”).
Il motivo di allerta su cui molti analisti invitano a riflettere è che alla luce dell’importante rialzo dei rendimenti obbligazionari, questo premio sia praticamente svanito: investire in azioni, non solo è più rischioso ma questo rischio aggiuntivo ormai non è più ricompensato da un maggior rendimento.
Il grafico che segue mette a confronto il rendimento offerto dai titoli di stato statunitensi (in giallo) con il rendimento da dividendi dell’S&P500 (in blu)
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Oggi le cospicue cedole corrisposte da un sicuro titolo di stato sono molto più generose rispetto ai dividendi corrisposti dalle azioni: l’investimento in titoli di stato, oltre ad essere più sicuro, è anche più remunerativo dell’investimento in azioni.
La conclusione che se ne può trarre è che non essendoci più convenienza alcuna a investire in azioni, i capitali si sposteranno progressivamente dalle azioni (rischiose) ai titoli di stato (sicuri) provocando un collasso del mercato azionario.
Riflettendo in termini di valutazioni relative la logica sembra suggerire una netta convenienza dell’investimento obbligazionario.
È davvero così? Le azioni sono prossime a capitolare in favore delle obbligazioni?
Valutazioni relative: guardare oltre al confronto dividendi/tassi
I mercati azionari sono una grandezza complessa che può essere misurata soltanto tenendo in considerazione una molteplicità di variabili come l’inflazione, il tasso di crescita dei dividendi, la psicologia degli investitori ecc…
Un’analisi di buon senso (come quella sulle valutazioni relative) può perdere tutta la sua ragionevolezza nel momento in cui si vanno a inserire elementi fondamentali che si era omesso di considerare.
Concludere che, alla luce del rialzo dei rendimenti, i titoli di stato sono diventati più convenienti delle azioni significa non tenere in considerazione altri variabili fondamentali per una corretta valutazione.
Più in particolare ci sono almeno due fattori che il grafico del precedente tralascia:
- I dividendi non sono l’unico fattore che compone il rendimento totale delle azioni: i dividendi sono solo una delle componenti che concorre a formare il rendimento totale delle azioni. Devono essere considerati gli utili non corrisposti agli azionisti. Questi utili vengono reinvestiti nel business dell’azienda per potenziarne la crescita futura. Inoltre una parte degli utili possono essere destinati a operazioni di buyback che creano comunque rendimento per gli azionisti.
Quindi il dividendo costituisce solo una parte del rendimento azionario totale;
- L’effetto dell’inflazione sui rendimenti azionari e obbligazionari:
All’atto dell’investimento in un’obbligazione, si fissa un rendimento che rimarrà tale per tutta la durata dell’investimento.
Investendo in azioni, invece, il rendimento futuro si adeguerà progressivamente all’inflazione: le società (di cui le azioni rappresentano quote di proprietà) possono aumentare i prezzi dei beni e dei servizi in caso di rialzo dell’inflazione. Questo consente di aumentare gli utili futuri adeguandoli all’inflazione nel medio lungo periodo.
Quindi il rendimento dei titoli di stato non si adegua all’inflazione mentre il rendimento azionario sì.
Vediamo allora come effettuare una comparazione tra le due fonti di rendimento (azioni e titoli di stato) tenendo in considerazione anche queste due variabili.
Scegliere tra Azioni o obbligazioni? L’Excess Cape Yeld
Per una valutazione più completa useremo ancora una volta gli studi del professor Robert Shiller.
Nell’ottobre del 2020 il prof. Shiller ha reso pubblico il suo studio in cui riesce a integrare l’utilizzo del CAPE con un ulteriore parametro definito Excess Cape Yield.
L’ Excess Cape Yield è un indicatore che permette di misurare in modo più coerente la convenienza dell’investimento azionario rispetto a quello obbligazionario.
Semplificando il concetto, si tratta di una sorta di premio al rischio che tiene in adeguata considerazione anche l’inflazione: dal rendimento azionario complessivo viene sottratto il rendimento dei titoli di stato al netto dell’inflazione (la formula dettagliata è consultabile a pagina 4 di questo a questo documento).
L’ Excess cape Yield, quindi, serve a stimare (ammesso che esista) in modo più realistico l’extra rendimento futuro delle azioni rispetto alle obbligazioni (ci stiamo sempre riferendo al mercato USA).
Qual è il responso dell’Excess Cape Yield? Meglio azioni o obbligazioni?
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Il grafico mette in relazione l’excess cape yield (il rendimento aggiuntivo delle azioni rispetto ai bond – in blu) con l’effettivo rendimento aggiuntivo dei mercati azionari nei 10 anni successivi (in verde).
L’esempio evidenziato mostra come nel 2000 l’excess cape yield fosse del – 1,52% e nei 10 anni successivi effettivamente le azioni hanno realizzato un rendimento decisamente negativo (inferiore del 10% annuo rispetto a quello dell’alternativa in titoli di stato).
Dal grafico possiamo concludere che:
- L’excess cape yield è un indicatore abbastanza affidabile del rendimento aggiuntivo delle azioni rispetto alle obbligazioni: livelli elevati dell’excess cape yield (blu) hanno effettivamente anticipato elevati sovra rendimenti delle azioni rispetto alle obbligazioni (verde).
All’opposto livelli bassi dell’excess cape yield sono stati seguiti da extra rendimenti modesti o, addirittura, pesantemente negativi (come nell’esempio evidenziato); - Oggi l’excess cape yield segnala ancora una convenienza delle azioni rispetto alle obbligazioni: secondo il modello teorizzato dal Prof. Shiller sulla base delle valutazioni e dei rendimenti attuali, le azioni offrono ancora un extra rendimento rispetto alle obbligazioni.
Ovviamente siamo sempre nell’ambito di valutazioni puramente teoriche che, comunque, hanno dimostrato una certa attendibilità e che, sicuramente, sono molto più realistiche del semplicistico confronto dividendi / rendimenti titoli di stato
Valutazioni: che fare?
Riassumendo le riflessioni fino a questo punto condivise possiamo concludere che:
- Sulla base della media storica (CAPE) le valutazioni sono care, ma lo sono ormai da tempo;
- Valutazioni più elevate rispetto alle medie storiche significano, con grande probabilità, rendimenti a lungo termine meno generosi rispetto a quelli mediamente prodotti dal mercato azionario;
- La storia insegna che basare il timing e le scelte di investimento sulla base delle valutazioni non è una strategia vincente: i mercati azionari sono stati in grado di produrre rendimenti molto buoni anche in presenza di valutazioni elevate;
- Nonostante i rendimenti dei titoli di stato abbiano raggiunto livelli generosi, l’excess cape yield (che considera tutte le componenti che concorrono al rendimento azionario oltre che l’inflazione) continua a segnalare una convenienza delle azioni rispetto ai bond.
Dunque non emerge un quadro particolarmente ottimistico ma neanche catastrofico come tendono a sottolineare molti analisti, gestori ed esperti di finanza.,
Che iniziative può intraprendere l’investitore per approcciarsi al meglio ai mercati finanziari?
- Diversificare:
Chiedersi se sia meglio investire in azioni piuttosto che in obbligazioni non ha un grande senso logico.
Una corretta pianificazione finanziaria dovrebbe andare oltre la semplicistica scelta di una singola asset class.
L’incertezza sul futuro può essere gestita soltanto attraverso un’adeguata diversificazione di portafoglio che consenta di raccogliere i rendimenti che i mercati producono e, allo stesso tempo, di reagire relativamente bene anche nei periodi di turbolenza. - Non tutti i mercati azionari sono cari o convenienti allo stesso modo:
Le misurazioni ad opera deli CAPE e dall’Excess Cape Yield si riferiscono agli Stati Uniti.
Questo sito di Barclays consente di verificare il livello delle valutazioni per le altre principali aree geografiche.
Europa e Paesi Emergenti oggi presentano valutazioni decisamente più convenienti.
Inoltre una corretta diversificazione fattoriale può contribuire a intercettare quei segmenti del mercato azionario che sono più a buon mercato; - Valutazioni più convenienti = più rischio:
Ci sono tonnellate di testi che raccomandano di investire in azioni sottovalutate. Tuttavia la ricerca spasmodica dei mercati sottovalutati (come, per esempio, le azioni dei paesi emergenti) non conduce necessariamente a buoni risultati perché porta con sé una sottostima dei rischi.
Concludere che un obbligazione high yield con un rendimento dell’8% è un investimento migliore di un titolo di stato con un rendimento del 4% è un approccio decisamente superficiale.
Allo stesso modo bisogna considerare che la “sottovalutazione” di certe aree geografiche o settori presuppone un maggior rischio: i paesi che hanno valutazioni convenienti presentano rischi maggiori e, dunque, rendimenti attesi (non garantiti) maggiori.
Ecco perché nella composizione dell’esposizione azionaria di un portafoglio è opportuno dare lo spazio maggiore al mercato globale a cui affiancare altre aree geografiche e altre direttive di diversificazione; - I mercati non sono solo matematica e razionalità:
Tra le tante variabili che muovono azioni e obbligazioni il comportamento degli investitori (il cosiddetto “sentiment”) assume un’importanza eccezionale.
Ciò che può sembrare logico in termini razionali molto spesso va a scontrarsi con reazioni che hanno poco a che fare con la logica.
Nel confronto tra il rendimenti azionari e obbligazionari può sembrare logico preferire i titoli di stato a fronte di rendimenti generosi.
Il punto è che un rendimento del 4% su un titolo di stato ha bisogno di tempo per maturare mentre un rialzo del mercato azionario può produrre lo stesso rendimento in poche sedute. Non tutti gli investitori hanno orizzonti di lungo periodo e sono disposti ad attendere che il rendimento maturi rimanendo investiti sui bond durante un trend rialzista delle azioni. Molti investitori (professionisti e non professionisti) decideranno a quel punto di salire sul treno azionario e i flussi in acquisto sosterranno i mercati in barba a tutti i razionali ragionamenti sulla convenienza dei bond.
Conclusioni
Le sottovalutazioni causate da negligenza e pessimismo possono persistere per un tempo sconvenientemente lungo e lo stesso accade per i prezzi gonfiati causati da eccessivo entusiasmo o altri stimolanti
Benjiamin Graham
Il tema delle valutazioni del mercato azionario riesce sempre ad attirare l’attenzione di appassionati, investitori ed esperti. Chi si impegna a sottolineare gli eccessi raggiunti dalle valutazioni appare sempre saggio e lungimirante. Viceversa chi si prodiga nel raccomandare di non dare eccessiva importanza alle valutazioni viene accusato di superficialità e di scarsa attenzione al rischio.
Per quanto ci si possa sforzare di misurare in modo corretto le valutazioni, l’esperienza del passato ci insegna che non esiste nessuna relazione diretta tra valutazioni e performance di breve termine: è possibile che i mercati si possano avviare verso un trend ribassista ma non accadrà certo perché due line di un grafico si sono sovrapposte.
Inoltre la storia ci dimostra che i mercati azionari possono restituire performance decisamente buone anche in presenza di valutazioni elevate.
Sebbene i rendimenti obbligazionari abbiano raggiunto livelli a cui non eravamo abituati da decenni, il responso dell’excess cape yield continua a evidenziare la convenienza dell’investimento azionario.
In ogni caso, a prescindere dalla precisione e dalla ragionevolezza di tutte le metriche che possiamo utilizzare, non potremo mai prevedere il comportamento degli investitori che, spinti dalle proprie emozioni, spingeranno i prezzi in una direzione o in un’altra indipendentemente dalle fredde misurazioni matematiche.
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