Bitcoin e diversificazione

Nei momenti in cui si verificano rialzi inspiegabili di un’attività finanziaria è come se il mondo si spaccasse in due correnti di pensiero. Da un lato troviamo i catastrofisti, cioè coloro che ne ritengono imminente una caduta rovinosa. Dall’altro invece il gruppo di quelli che sono invece in fiducia totale e ritengono di aver trovato un filone di guadagni inesauribile. Molto spesso infatti appartengono al secondo gruppo gli investitori che hanno in portafoglio l’attività oggetto della riflessione, mentre è altrettanto frequente che il primo gruppo non l’abbia acquistata.

Capita inoltre che quando una parte del primo gruppo decide finalmente di acquistare l’attività citata perché nel frattempo ha preso il sopravvento il desiderio di possederla a propria volta, vengano realizzati i veri massimi di prezzo relativi e con essi possa poi partire effettivamente una caduta rovinosa.

Avere un approccio manicheo raramente porta buoni consigli e con questo scritto vorrei provare a stimolare una riflessione più ampia, più di processo.

Lo farò partendo in maniera insolita e cioè citando le parole dell’allenatore del Torino Calcio Davide Nicola che giovedì durante la presentazione della partita che il Torino ha poi giocato e vinto a Cagliari ha detto:

La maggior parte delle persone dedica tempo a cose che non può controllare.

Credo si possa e si debba partire da qui, dal sostituire le opinioni con i processi, le iniziative disorganizzate con il metodo, l’idea di potersi arricchire fin da subito con l’obiettivo di creare valore nel tempo.

Mi sposto velocemente su di un altro fronte, quello del confronto utilizzando questo video realizzato il 17 febbraio da Class CNBC dal titolo: Bernardi, bitcoin: dove può arrivare?

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L’intervista parte dalle parole di Davide Serra amministratore delegato di Algebris, professionista molto stimato, che è molto severo nei confronti del Bitcoin:

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Da una parte, diciamo quella del secondo gruppo di opinione descritto all’inizio, Daniele Bernardi, CEO di Diaman Group che ritiene di essere di fronte ad una rivoluzione tecnologica, sociale e culturale. Secondo Bernardi infatti il Bitcoin è un asset digitale deflazionario e non certo come una valuta come il dollaro e l’euro.

Dall’altra, quella dei molto negativi, Emerick De Narda, giornalista economico – finanziario di Class CNBC decisamente sulle posizioni di Davide Serra. Mi è parsa anche interessante per certi versi la sua visione che il Bitcoin sia una materia prima, essendo minato, cioè estratto.

Ne è nato un piacevolissimo contradittorio che vi invito ad ascoltare per cercare di farvi un’opinione personale. Tra l’altro, pur in un clima di grande diplomazia, i due esperti non sono stati d’accordo praticamente su nulla!

Del resto avevamo già avuto modo di conoscere le qualità e la competenza di Daniele visto che Mork e Mindy ha organizzato uno speciale in cui era presente insieme ad un altro esperto Eugenio Sartorelli intervistati da me e Gigi Beltrame.

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Un evento fortunato e tempestivo che ha in pratica anticipato quanto si è poi verificato.

Anche l’ingegner De Benedetti aveva dato un importante contributo al nostro lettore quando aveva dichiarato il 12 novembre:

in particolare il Bitcoin siano destinate ad una valorizzazione di cui oggi noi non ne abbiamo neanche un’idea. Pensa inoltre che abbiamo visto aumentare quest’anno di valore il Bitcoin del 50 % ma non sarebbe stupito di vedere nel giro di sei mesi un ulteriore raddoppio del suo valore.

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E’ vero che siamo di fronte ad eventi imprevedibili ma è anche vero che non siano stati imprevedibili per tutti.

Ma a questo punto che fare?

Prima ho parlato di metodo, di processo.

Ho trovato molto interessante questo studio di Wisdom Tree dal titolo “I Bitcoin nei portafogli multi – asset”. In esso si analizzano le conseguenze della presenza del Bitcoin in un portafoglio tradizionale.

Secondo il report “l’aggiunta di bitcoin in un portafoglio globale 60 / 40 può migliorare il profilo rischio / rendimento”.

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Lo studio poi ipotizza di inserire il Bitcoin nella misura dell’1 %, del 2 %, del 3 %. Vi sono poi tutta una serie di verifiche empiriche a cui vi rimando accedendo direttamente al pdf e di cui riporto solo le conclusioni:

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Mi è sembrato tutto molto interessante. Da un lato lo studio è del Dicembre 2019, non molto tempo fa e sarebbe interessante vederlo riproposto oggi, alla luce di quanto capitato. Dall’altro ricaviamo un’informazione importante e cioè le quantità. L’1 % del proprio patrimonio per l’investitore saggio, il 2 % del patrimonio per l’investitore diversificato e il 3 % del proprio patrimonio per l’investitore aggressivo. Mi sembra una dimensione che ci porta verso quel processo di cui dicevamo all’inizio.

Inoltre nel report si parla anche di riallocazione, che dovrebbe avvenire dopo gli eventi particolarmente favorevoli come oggi o dopo quelli particolarmente sfavorevoli culminati con i minimi del 2019 procedere con il ripristino della percentuale predeterminata. In poche parole parliamo di metodo.

Anche VanEck propone uno studio analogo più aggiornato.

Anzi prova anche a farci apprezzare quel concetto che Daniele Bernardi ha riassunto con “deflazionario”:

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Ci fornisce anche un dato relativo alla correlazione con le altre asset class calcolato dal 01 gennaio 2015 al 31 agosto 2020:

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Ci propone poi la possibilità di aggiungere lo 0,5 % di Bitcoin al solito portafoglio classico americano del 60 / 40 piuttosto che l’1% o ancora il 3 %.

Cliccando potrete verificare da soli l’impatto sul portafoglio campione.

L’arco temporale di riferimento è più ampio perché il calcolo parte dal primo febbraio 2012. Peccato non venga aggiornato oltre il fine agosto 2020.

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Vorrei chiudere con una nota personale. Abbiamo parlato di diversificazione, di pesi adeguati al totale del portafoglio, di metodo, di progetto, di processo. Aggiungo un dato.

Almeno a livello personale ritengo che in qualsiasi condizione di prezzo e di mercato operare seguendo il Dollar Cost Average sia il metodo più vincente nel tempo, a maggior ragione quando l’attività prescelta viene da lunghe fasi positive, a volte anche eccessive. Consente tra l’altro di poter determinare a priori la massima esposizione, il tempo in cui frazionarne l’ingresso sul mercato, la durata dell’impegno.

Per un approfondimento caldeggio la lettura del post dedicato nella sezione didattica:

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Clicca sull’immagine per accedere all’ascolto delle parole di Davide Nicola dal minuto 12:00 circa

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