Passando agli Stati Uniti ci sono dati tecnici molto interessanti che ci riportano alla centralità della definizione della composizione degli indici, come ci illustra Marco Pirondini, head of equities Us portfolio manager di Amundi Asset Management:
«Nel giro di alcuni mesi, il cambiamento del contesto dei tassi di interesse ha indotto gli investitori a focalizzarsi su un aspetto che negli ultimi anni avevano più o meno ignorato: la valutazione. Dall’inizio dell’anno fino al 17 maggio, il quintile meno costoso delle azioni dell’S&P 500 ha fornito un rendimento del 6%, nonostante la discesa complessiva dell’indice, mentre quello più caro ha registrato un calo del 23%».
La redazione di Fondi & Sicav completa poi il ragionamento: va detto che il 20% più economico era caratterizzato da una forte concentrazione di aziende legate alle risorse naturali, energia in primis, che hanno goduto in questo 2022 di un boom. Fa comunque impressione notare che gli investitori si sono comunque buttati su un segmento di mercato fino a pochissimo tempo fa ai limiti della condizione di paria. Questo fenomeno induce anche a tenerne a mente un altro del recente passato: la monotonia (ai limiti della monomania) di un listino statunitense dominato da poche mega-cap dell’It e dei consumi discrezionali. La transizione verso una Wall Street più value si porterà dietro inevitabilmente un ritorno del ruolo della gestione attiva, o quanto meno con criteri smart beta, spezzando così il ciclo di capitalizzazioni crescenti che si autoalimentavano. Al di là dei prossimi mesi, dunque, potremmo forse ritrovarci con un’Europa tornata al suo business as usual e una sorta di mondo alla rovescia negli Stati Uniti.
LE MATERIE PRIME
Diana Wagner, gestore di portafoglio azionario di Capital Group, afferma: «I cambiamenti a lungo termine verso un futuro digitale, l’implementazione dei veicoli elettrici e la transizione verso l’energia pulita continueranno probabilmente a creare opportunità per gli innovatori in queste aree. Tuttavia, queste tendenze stanno anche creando difficoltà per le vecchie industrie, come l’estrazione mineraria e il trasporto ferroviario. Il nichel, ad esempio, è un componente chiave delle batterie dei veicoli elettrici. Lo stesso vale per il rame, necessario per gli aggiornamenti della rete elettrica. E mentre il settore software sta diventando un attore sempre più essenziale nella produzione di automobili moderne, l’acciaio rimane un elemento necessario. In effetti, negli ultimi mesi i prezzi di determinate materie prime sono saliti alle stelle, una tendenza amplificata dalla guerra tra Russia e Ucraina, i principali produttori di nichel, rame e grano. Molti hanno sottovalutato quanto rame sia necessario per sostituire e modernizzare la rete elettrica man mano che la domanda aumenta. Aziende come la società metallurgica e mineraria canadese First Quantum Minerals, che si concentra sul rame, e la brasiliana Vale, produttrice di minerale di ferro, potrebbero trarne vantaggio. L’aumento della domanda di materie prime ed energia potrebbe anche fare aumentare la domanda per le ferrovie del Nord America, che costituiscono la via più conveniente per trasportare materiali pesanti. Anche le ferrovie hanno un potenziale potere di determinazione delle tariffe, importante nell’attuale contesto inflazionistico. In genere, i prezzi applicati si basano sul costo delle merci sottostanti che trasportano, quindi i ricavi aumentano con i corsi delle materie prime».
Se da un lato i minerali ferrosi possono avere un ruolo nel nostro portafoglio, dall’altro possiamo anche prendere in considerazione le commodity agricole come ben illustrato in questo intervento: