PREMESSA
Parlando di investimenti, il rischio è senza dubbio uno dei parametri più citati, spesso a sproposito, in ogni articolo, discussione, presentazione che abbia per oggetto un portafoglio di investimento.
Capita spesso che la lingua comune ed il linguaggio tecnico diano significati simili ma differenti a un termine largamente conosciuto ed utilizzato.
Un investitore, mediamente parlando, per rischio intende la possibilità di perdere il capitale investito ed in questo senso confonde facilmente uno storno di mercato con una minusvalenza che viene realizzata, è bene ricordarlo, soltanto al momento del disinvestimento come differenza tra il capitale disinvestito ed il capitale investito.
Sembrerebbe che nella mente dell’investitore non trovi ospitalità il concetto di fluttuazione del mercato e che il tempo abbia un ruolo secondario.
Per chi studia e conosce le dinamiche finanziarie, il rischio è la possibilità di non raggiungere l’obiettivo stabilito all’inizio di quel viaggio chiamato “investimento”.
Se un portafoglio è ben strutturato, il capitale investito non è mai in discussione e le eventuali minusvalenze che si dovessero realizzare nel tempo sono sempre recuperabili con un corretto orizzonte temporale.
Esiste una certa confusione che porta rendere sinonimi i termini “rischio” ed “incertezza”.
Prova plastica di questa differente concezione del “rischio” sta nella spasmodica ricerca, da parte degli investitori del maggior guadagno possibile nel minore tempo possibile e con un rischio (di vedere il capitale scendere sotto il valore iniziale) prossimo allo zero.
Chi non ha mai accarezzato più o meno seriamente quest’idea?
Una mente preparata, direi finanziariamente educata ed allenata, comprende che il rischio (di temporanee minusvalenze) è la moneta con cui occorre comprare la risorsa strategica negli investimenti: il tempo.
Chi sa guidare il processo di investimento (lavorando su basi statistiche) propone strategie che possono anche attraversare periodi burrascosi ma ha la certezza che nell’arco di tempo conosciuto e stabilito a priori raggiungerà il risultato atteso e predefinito.
Questa è, in estrema sintesi, la differenza fondamentale tra investire e scommettere sullo strumento, sul brand, sul consulente ritenuti vincenti.
Quindi, se investiamo il nostro denaro, stiamo spendendo (che ne siamo coscienti o meno poco importa) una quantità di rischio nota a priori e che il mercato remunererà, su base statistica, correttamente nell’arco di tempo appropriato.
Questo è il corretto processo di investimento.
Da quanto sopra si capisce che la c.d. Asset Allocation Strategica riveste un ruolo fondamentale in quel viaggio chiamato “investimento” ma forse non sempre è chiaro che tale asset allocation dovrebbe avere per obiettivo innanzitutto la protezione del capitale investito remunerandolo secondo il rischio speso (cosa che raramente avviene) nell’adeguato orizzonte temporale. Le molte possibili architetture messe in campo hanno lo scopo primario di offrire un “viaggio” il più confortevole possibile in relazione all’obiettivo iniziale ed all’orizzonte temporale necessario per raggiungerlo.
Spero emerga chiaramente il senso profondo della filosofia c.d. “Lazy portfolio” che vuole sostituire millantate capacità gestorie con metodo ed oggettività.
A proposito di rischio e di Lazy portfolios, vediamo oggi un portafoglio molto semplice, si tratta soltanto di 4 strumenti, con un’elevata componente di rischio in termini di volatilità ma con risultati prevedibili molto interessanti: il Bogleheads Four Funds Portfolio