Il Four Funds Portfolio: un lazy portfolio per la semplicità negli investimenti di Pietro Farese

PREMESSA

Parlando di investimenti, il rischio è senza dubbio uno dei parametri più citati, spesso a sproposito, in ogni articolo, discussione, presentazione che abbia per oggetto un portafoglio di investimento.

Capita spesso che la lingua comune ed il linguaggio tecnico diano significati simili ma differenti a un termine largamente conosciuto ed utilizzato.

Un investitore, mediamente parlando, per rischio intende la possibilità di perdere il capitale investito ed in questo senso confonde facilmente uno storno di mercato con una minusvalenza che viene realizzata, è bene ricordarlo, soltanto al momento del disinvestimento come differenza tra il capitale disinvestito ed il capitale investito.

Sembrerebbe che nella mente dell’investitore non trovi ospitalità il concetto di fluttuazione del mercato e che il tempo abbia un ruolo secondario.

Per chi studia e conosce le dinamiche finanziarie, il rischio è la possibilità di non raggiungere l’obiettivo stabilito all’inizio di quel viaggio chiamato “investimento”.

Se un portafoglio è ben strutturato, il capitale investito non è mai in discussione e le eventuali minusvalenze che si dovessero realizzare nel tempo sono sempre recuperabili con un corretto orizzonte temporale.

Esiste una certa confusione che porta rendere sinonimi i termini “rischio” ed “incertezza”.

Prova plastica di questa differente concezione del “rischio” sta nella spasmodica ricerca, da parte degli investitori del maggior guadagno possibile nel minore tempo possibile e con un rischio (di vedere il capitale scendere sotto il valore iniziale) prossimo allo zero.

Chi non ha mai accarezzato più o meno seriamente quest’idea?

Una mente preparata, direi finanziariamente educata ed allenata, comprende che il rischio (di temporanee minusvalenze) è la moneta con cui occorre comprare la risorsa strategica negli investimenti: il tempo.  

Chi sa guidare il processo di investimento (lavorando su basi statistiche) propone strategie che possono anche attraversare periodi burrascosi ma ha la certezza che nell’arco di tempo conosciuto e stabilito a priori raggiungerà il risultato atteso e predefinito.

Questa è, in estrema sintesi, la differenza fondamentale tra investire e scommettere sullo strumento, sul brand, sul consulente ritenuti vincenti.

Quindi, se investiamo il nostro denaro, stiamo spendendo (che ne siamo coscienti o meno poco importa) una quantità di rischio nota a priori e che il mercato remunererà, su base statistica, correttamente nell’arco di tempo appropriato.

Questo è il corretto processo di investimento.

Da quanto sopra si capisce che la c.d. Asset Allocation Strategica riveste un ruolo fondamentale in quel viaggio chiamato “investimento” ma forse non sempre è chiaro che tale asset allocation dovrebbe avere per obiettivo innanzitutto la protezione del capitale investito remunerandolo secondo il rischio speso (cosa che raramente avviene) nell’adeguato orizzonte temporale. Le molte possibili architetture messe in campo hanno lo scopo primario di offrire un “viaggio” il più confortevole possibile in relazione all’obiettivo iniziale ed all’orizzonte temporale necessario per raggiungerlo.

Spero emerga chiaramente il senso profondo della filosofia c.d. “Lazy portfolio” che vuole sostituire millantate capacità gestorie con metodo ed oggettività.

A proposito di rischio e di Lazy portfolios, vediamo oggi un portafoglio molto semplice, si tratta soltanto di 4 strumenti, con un’elevata componente di rischio in termini di volatilità ma con risultati prevedibili molto interessanti: il Bogleheads Four Funds Portfolio

COME NASCE

Il Four Funds Portfolio nasce come evoluzione del precedente Three Funds Portfolio di cui prende l’impianto generale e a cui aggiunge uno strumento per le obbligazioni internazionali o globali.

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Entrambi i portafogli nascono dalle idee di un gruppo di investitori (Bogleheads) ispirati dai principi di investimento del leggendario John Bogle:

  • Iniziare presto ad investire e risparmiare regolarmente
  • Investire in strumenti ampiamente diversificati ed economicamente efficienti (fondi indice o ETF)
  • Rimanere investiti (Buy-and-Hold) per tutti i cicli di mercato

Si tratta di un portafoglio con una elevata “rischiosità” (a questo riguardo, oltre alla sintetica premessa, sarebbe il caso di approfondire il concetto di rischio e di strumenti di profilazione degli investitori per capire che il rischio non è da evitare ad ogni costo ma piuttosto è da dosare e gestire anche in termini di stress emotivo) con risultati interessanti ma che comporta un “viaggio” non proprio di tutto confort.

COSA C’È DENTRO

Come spesso accade con i Lazy Portfolios, esistono molte versioni di questa strategia che declinano in vario modo l’alta rischiosità (robusta componente azionaria) e i mercati geografici (US, Europa, Globale), qui ho utilizzato la versione che mi pare più diffusa.

La struttura del portafoglio per un investitore Europeo è:

  • Azionario globale (13 Paesi più sviluppati ad esclusione dell’unione Europea): 30%
  • Azionario Europeo (Unicamente i Paesi dell’unione Europea): 50%
  • Obbligazionario Europeo (Obbligazioni a tasso fisso – Investment Grade – dell’area Euro di emissione governativa e/o societarie: 10%
  • Obbligazionario Governativo, zona Euro, indicizzato all’inflazione: 10%

Tuttavia, nella convinzione che l’appartenenza geografica dell’investitore sia uno dei tanti bias cognitivi che affliggono l’investitore stesso, esamineremo anche una versione più “globale”, meno Euro-centrica, così composta:

  • Azionario globale (13 Paesi più sviluppati ad esclusione dei Mercati Emergenti): 50%
  • Azionario globale con marcati emergenti (aziende a maggiore capitalizzazione): 30%
  • Obbligazionario globale – investment grade – di emissione governativa e/o societaria: 10%
  • Obbligazionario globale indicizzato all’inflazione: 10%

LA STRATEGIA ALLA PROVA DEI NUMERI

Immaginando, come abbiamo detto, di implementare questa strategia per un investitore Europeo (Italiano, in particolare) questa è l’asset allocation:

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Analizzando le performance degli ultimi 52 anni (dal 1970 al 2022), riscontriamo che

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La strategia ha reso mediamente il 5,7% reale, al netto dell’inflazione italiana degli ultimi 52 anni, con una deviazione standard (volatilità media) pari al 15,1%. Inoltre, la strategia ha registrato una performance positiva nel 70% dei 52 periodi (36 volte) mentre ha chiuso con un risultato negativo nel 30% dei casi (circa 16 volte).

Già da questa prima analisi si intuisce che si tratta di una strategia non adatta a tutti, non adatta ad investitori non adeguatamente preparati alle turbolenze dei mercati.

In termini di DrawDown e di recovery period la nostra strategia ha registrato

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Un DrawDown max del 37% ed un Recovery Period massimo di circa 13 anni.

Questo si configura come un viaggio “comodo”? Un DD di questa ampiezza ed un Recovery Period di questa lunghezza sono sopportabili? Queste sono alcune delle domande che un investitore dovrebbe porsi sempre, a prescindere dalla strategia scelta, prima di investire il proprio denaro. Domande che presuppongono la conoscenza die numeri che caratterizzano la strategia in esame.

Proseguendo nell’analisi, vediamo come il nostro Four Founds Portfolio si è comportato nel tempo.

Esaminando periodi mobili di 10 anni, cioè che il portafoglio viene mantenuto investito per almeno 10 anni, osserviamo che

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Per 7 periodi su 43 il portafoglio ha realizzato un risultato negativo mentre per 36 periodi di 10 anni mobili ha riportato un risultato positivo. 

Nei 7 periodi decennali con risultati negativi, il risultato ha oscillato tra lo 0 (considerato negativo) è il -2%, mentre nei 43 periodi decennali positivi ha realizzato un risultato tra 1% (se l’investitore avesse iniziato ad investire nel 1971 e 14% se avesse iniziato ad investire nel 1991. 

Se però allunghiamo il periodo di detenzione dell’investimento e lo portiamo a 15 anni, vale ricordare che il modo corretto per investire (non per scommettere e/o speculare) è “lifetime”, otteniamo risultati differenti.

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Innanzitutto, vediamo che l’investitore che avesse investito secondo questa strategia ed avesse tenuto per almeno 15 anni l’investimento, avrebbe sempre ottenuto un risultato positivo indipendentemente dall’anno di partenza dell’investimento.

Nei 52 periodi mobili di 15 anni il risultato sarebbe oscillato tra un minimo di 1%, partendo nel 2000, ed un massimo di 11% partendo nel 1983 o nel 1985.

Stiamo sempre parlando di risultati reali, cioè al netto dell’inflazione media Italiana nei 52 ani del campione.

DALLA TEORIA ALLA PRATICA

Fin qui abbiamo analizzato la strategia Four Founds Portfolio dal punto di vista di un’Asset Allocation generica (le classi di attivi) e abbiamo analizzato i risultati di backtest su un arco temporale di 52 anni, ora vediamo un portafoglio reale, costruito con strumenti facilmente reperibili sul mercato

Cominciamo con il portafoglio “EUROPEO”; sono stati utilizzati 4 ETF secondo l’allocazione vista al punto 3.

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Abbiamo un portafoglio, mai ribilanciato, che ha realizzato un risultato cumulato del 192,8% al momento in cui scrivo questo articolo con un costo annuo pari allo 0,23%.

Dall’inizio, l’andamento è stato il seguente:

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Dal 01.01.2023 ha realizzato

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In termini di rischio:

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Si noti che, al momento, il peso dell’azionario è del 91% non essendo mai stato bilanciato.

Vediamo ora la stessa strategia applicata ad un portafoglio più “globale”, più diversificato.

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Abbiamo un portafoglio, mai ribilanciato, che ha realizzato un risultato cumulato del 153,07% al momento in cui scrivo questo articolo con un costo annuo pari allo 0,20%.

Dall’inizio, l’andamento è stato il seguente:

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Dal 01.01.2023 ha realizzato

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In termini di rischio:

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Si noti che, al momento, il peso dell’azionario è superiore al 90% non essendo mai stato bilanciato.

CONCLUSIONI

A questo punto dovrebbe essere più chiara ed evidente la differenza tra “rischio” ed “incertezza”: niente e nessuno può prevedere con certezza il futuro dei mercati finanziari (incertezza) i quali si muovono con movimenti oscillatori più o meno nervosi (ciò che rende più o meno comodo il “viaggio”). 

Il rischio, e questa strategia ne è la dimostrazione, non è il male assoluto ma, più realisticamente, è il propulsore, ciò che fa muovere la nostra imbarcazione metaforica durante il nostro “viaggio”.

Proprio a causa dell’incertezza che fondamentalmente avvolge il mondo degli investimenti, accorciare l’orizzonte temporale equivale ad aumentare il rischio di non centrare gli obiettivi di un investimento che sono, li ricordo brevemente:

  • Proteggere il potere d’acquisto del capitale investito
  • Remunerare adeguatamente il rischio corso nel cercare di realizzare il punto precedente

Più sinteticamente, accorciare l’orizzonte temporale (da lifestrategy a medio-lungo o meno) equivale a trasformare un investimento in una scommessa ad alto rischio per definizione.

In fine, è bene ripeterlo fino alla noia, investendo, che lo si voglia o meno, si spende una certa quantità di rischio, prima di cercare rendimenti genericamente alti è bene accertarsi che quel rischio speso venga adeguatamente remunerato.

È possibile farlo in modo oggettivo e, per la mia esperienza, molto raramente tale remunerazione viene colta.

Il problema non è il rischio ma il non sapere cosa si sta facendo!

Mi sia permesso ricordare, ancora una volta, che

Investire è semplice, ma non facile (W. Buffet)

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