Il Kojiki è la prima opera della letteratura giapponese. Esso narra la storia del Giappone dall’era mitologica all’imperatrice Suiko, che regnò per 36 anni sino al 628. Fu commissionato nel VII sec. dal sovrano Tenmu (672-686) del clan Yamato a O no Yasumaro, nobile, scrittore e storico di allora, per legittimare la supremazia Yamato e, quindi, anche dell’imperatore in carica. La finalità della narrazione era dimostrare che la dinastia imperiale discendeva da Amaterasu Omikami, dea del Sole che, si racconta, insegnò ai suoi sudditi la coltivazione del riso, l’allevamento del baco da seta e l’arte della tessitura.
Un giorno, dopo un litigio con il fratello, decise di nascondersi nella grotta celeste (Ama-no-iwaya), di cui chiuse l’ingresso con una roccia enorme, facendo piombare l’universo nelle tenebre. I diversi i tentativi delle divinità di cercare di fare uscire Amaterasu dall’antro furono vani sino a quando una di loro decise di ballare in modo così sfrenato da provocare l’ilarità dei presenti. Il chiasso provocato fu tale da indurre la dea del Sole a sporgersi dalla grotta, per poi esserne definitivamente trascinata all’esterno, facendo ritornare a splendere la luce nel mondo. La dinastia giapponese fa tuttora risalire la sua origine a un pronipote diretto di Amaterasu, ma negli anni la figura dell’imperatore è cambiata in modo profondo, tanto che il 30 aprile 2019 si è assistito a un evento unico: l’abdicazione dell’imperatore Akihito. Prima di lui solo l’imperatore Kokaku, nel 1817, aveva abbandonato il trono.
La decisione di Akihito nell’agosto del 2016 di ritirarsi a vita privata ha richiesto l’emanazione di una nuova legge che permettesse il passaggio del trono al 59enne Naruhito. Nell’occasione, nonostante all’inizio si fossero aperte delle possibilità, è stato ribadito che il sistema di successione è esclusivamente maschile. L’esclusione delle donne dalla linea ereditaria è formulata nella Costituzione Meiji (1889) e ribadita in quella attuale, redatta nel 1947. Ironia della sorte è che, nonostante l’ostracismo femminile al vertice, il mito tradizionale legato alle origini imperiali ritrae il Giappone come una società matriarcale.
Con l’ascesa di Naruhito, così come avviene con il mandato di un nuovo imperatore, è iniziata una nuova era chiamata Reiwa, il cui significato è stato oggetto di discussioni e diverse interpretazioni. La prima è stata quella di “Order and harmony”, corrispondente al significato dei due ideogrammi che compongono il nome. L’interpretazione ha subito suscitato vivaci discussioni, soprattutto nella traduzione del primo carattere: ordine. Ci ha pensato poi il primo ministro Abe ad attribuirvi un significato in cui, alcuni, hanno identificato un messaggio politico: «In Reiwa si intravede il senso di una cultura nata e cresciuta grazie a un popolo meravigliosamente unito nel cuore». Abe ha anche sottolineato l’importanza di rafforzare il concetto di identità del popolo giapponese, dando così ancora più enfasi alla parola ordine. Alla diatriba e alle speculazioni che lievitavano ha posto fine il ministero degli esteri, affermando che il significato della nuova epoca, in inglese, è “Beautiful armony”.
UN RUOLO DECISIVO
Tutto risolto? Solo un problema di traduzione? Non esattamente. Il nome della nuova era viene stabilito all’interno di un processo in cui il governo ha un ruolo decisivo. Non è quindi solo un caso che la scelta e l’interpretazione dei caratteri abbia generato un dibattito. È noto che Abe ha per anni cercato di rivedere la costituzione giapponese, con posizioni diametralmente opposte, anche se mai sfociate in uno scontro frontale, rispetto a quelle dell’imperatore Akihito. La sua voglia di revisionismo nel considerare il Giappone una vittima, anziché un colpevole per il ruolo avuto durante la seconda guerra mondiale, è una connotazione ideologica che continua a emergere in alcune sue prese di posizione. L’affermazione che il Giappone tornerà a essere “pienamente sovrano” con i giochi olimpici del 2020 è un ulteriore indizio, offerto dal primo ministro, per dimostrare la volontà del paese di assumere un ruolo sempre più importante a livello internazionale.
RISCHIO DI RECESSIONE
La nuova epoca inizia in un contesto di rallentamento economico globale, in cui il Giappone ha mostrato segni di debolezza, con alcuni analisti che mettono in guardia sul rischio di recessione. Il Pil del primo trimestre è salito del 2,1% congiunturale annualizzato, grazie al contributo delle esportazioni nette (legato però alla debolezza delle importazioni) e delle scorte. Se si escludessero queste due voci la crescita endogena sarebbe stata vicina allo zero.
L’inasprimento delle frizioni tra Cina e Usa di maggio hanno gettato nuove ombre sulla tenuta dell’economia giapponese. La mancanza di indicazioni chiare su quale sarà l’evolversi della situazione tra le due superpotenze, tenendo conto anche della possibilità di una tregua in occasione del G20 di fine giugno, rende difficile calcolare gli impatti sul Pil giapponese e sugli utili aziendali.
Il primo ministro Shinzo Abe e il governatore della Banca del Giappone (BoJ) Haruhiko Kuroda hanno conseguito risultati non trascurabili dagli inizi della Abenomics, tra cui l’uscita dalla deflazione. Il vero punto di domanda è come rivitalizzare un’economia reale che di recente ha mostrato segnali di stasi e con un’inflazione core che non riesce a colpire il target del 2% della Banca centrale: è stato raggiunto l’apice dello 0,8% nel 2015 e attualmente è allo 0,5%. Poiché il peggioramento più sensibile è stato nel settore manifatturiero, è verosimile che la guerra commerciale Usa-Cina abbia avuto ripercussioni sulla supply chain e che il Giappone ne sia rimasto vittima.
LE ARMI DEL GIAPPONE
Le stime degli economisti calcolano in uno 0,2% l’impatto sul Pil giapponese per i prossimi due anni. Tuttavia la situazione potrebbe peggiorare ulteriormente. A livello globale l’Ocse ha dichiarato che un’intensificazione della disputa tra Usa e Cina, potrebbe sottrarre lo 0,7% alla crescita del Pil globale entro il 2021-2022. Per quanto riguarda gli utili aziendali, calcolando che il 7% del fatturato delle società giapponesi quotate è esposto alla Cina, l’impatto sugli utili lordi potrebbe essere tale da quasi dimezzarne la crescita prevista dal consenso di mercato al 6% (“bottom up”) per il corrente anno fiscale. Se poi si aggiungessero i dazi sull’auto giapponese, la riduzione sarebbe ancora maggiore.
Se così fosse, quali sono le armi che il Giappone ha a disposizione per contenere gli effetti negativi dello scontro Usa-Cina? La BoJ sembra intenzionata a mantenere la politica monetaria invariata almeno fino alla primavera del 2020, ma la forward guidance non ha avuto effetti nell’indurre a un rialzo i tassi, cosi come gli interventi di acquisto di obbligazioni governative li hanno solo compressi lungo la curva dei rendimenti.
In base alle dichiarazioni del governo, a ottobre dovrebbe scattare l’aumento dell’Iva dall’8% al 10%, salvo che non ritorni un forte rallentamento economico come quello registrato durante la grande crisi finanziaria, ma è difficile immaginare che una simile situazione possa ripetersi nel breve periodo. A maggio l’ufficio di gabinetto ha rivisto al ribasso le aspettative sull’andamento economico e ciò ha fatto emergere speculazioni sulla necessità di un pacchetto di stimolo a sostegno della domanda interna.
È improbabile che questa decisione possa bastare per giustificare una posticipazione dell’aumento della tassazione indiretta. Inoltre, il governo ha deciso una serie di misure che dovrebbero attenuare gli effetti collaterali, quali l’esclusione dei prodotti alimentari dall’aumento dell’Iva, sconti per gli acquisti presso piccoli e medi venditori al dettaglio e agevolazioni fiscali per chi compra un’auto o una casa (a partire dal primo ottobre). Le entrate derivanti dall’aumento dell’Iva verranno poi utilizzate dal governo per finanziare la formazione prescolastica.
BUONI SEGNALI DALLE AZIENDE
In un contesto ricco di incertezze, va rilevato che sono invece incoraggianti i segnali che arrivano dalle aziende giapponesi, dove si registrano continui miglioramenti in tema di corporate governance, progressiva diminuzione delle partecipazioni incrociate e migliorata remunerazione degli azionisti. Il riacquisto dei titoli propri sul mercato da parte delle imprese quotate è aumentato del 106% anno su anno (dati di fine maggio), anche grazie alle sollecitazioni operate sul management dagli investitori attivi stranieri.
I dividendi sono saliti quasi del 10%, portando così il payout ratio dell’indice Topix 500 al 38%. Se si pensa che oltre il 55% delle società dell’indice Topix sono net cash, si intuisce come sia concreta la possibilità di aumentare ulteriormente i ritorni per gli azionisti.
Rimane un ultimo fattore che potrebbe creare qualche nervosismo sul mercato giapponese: le elezioni generali. A luglio ci sarà, come avviene ogni sei anni, il rinnovo della Camera alta. Ancora una volta la tentazione del primo ministro in carica è sciogliere entrambe le camere e indire una consultazione elettorale per entrambi i rami del parlamento. L’obiettivo di Abe è raggiungere il controllo dei due terzi della Dieta e avere così la possibilità di cambiare la costituzione. Ma il popolo giapponese continua a rimanere diviso su questo tema.
Che si sia entrati nell’era dell’Order and harmony o della Beautiful harmony può essere una disquisizione filologica e di interpretazione di un termine preso dal Manyoushu (la più antica collezione di poesia classica nipponica) ma, come spesso accade, la scelta di usare alcune parole, anziché altre, mostra una volontà precisa. Dalla fine della seconda guerra mondiale i giapponesi non hanno mai nascosto la loro indole pacifista e anti-interventista; gli equilibri nell’area del Pacifico, sono stati demandati, per ragioni belliche, all’alleato americano. Rischia di diventare così un compito arduo mantenere una Beautiful harmony in un popolo che si divide su un tema di grande importanza.
tratto da: https://www.fondiesicav.it/il-giappone-tra-order-and-harmony-e-beautiful-harmony/