Il welfare aziendale, dalla parte delle aziende – di Filippo Donati

Torviscosa

Nel 1937 un’importante azienda chimica italiana scelse una piccola cittadina friulana per fondare un insediamento agricolo e industriale per la produzione e la lavorazione di fibre vegetali da cui ricavare la cellulosa. Nasce per iniziativa dell’azienda e proprio vicino alla fabbrica, il paese di Torviscosa, con una serie di edifici ad uso civile e sociale: le case per gli operai, impiegati e dirigenti, la mensa, l’asilo, la scuola il teatro e le strutture sportive.

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Crespi d’Adda

Crespi è il nome della famiglia di industriali cotonieri lombardi che a fine Ottocento realizzò un moderno “Villaggio ideale del lavoro” accanto al proprio opificio tessile, lungo la riva bergamasca del fiume Adda.

Il Villaggio “Crespi d’Adda” è una vera e propria cittadina completa costruita dal nulla dal padrone della fabbrica per i suoi dipendenti e le loro famiglie. Ai lavoratori venivano messi a disposizione una casa con orto e giardino e tutti i servizi necessari.

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L’Oasi Zegna e le case per i dipendenti

L’Oasi Zegna è stata fondata negli anni 30 del novecento per volere dell’imprenditore Ermenegildo Zegna. L’area naturalistica ad accesso libero fu creata nei pressi di Trivero, nelle Prealpi biellesi, luogo di fondazione del lanificio Zegna. L’imprenditore non si limitò a ideare l’oasi, ma prima si occupò della costruzione di case per i dipendenti, di un centro dedicato alla salute, allo sport e al tempo libero dei suoi concittadini e dipendenti. Più tardi arrivarono la scuola, la piscina e i trasporti.

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Brunello Cucinelli

La Brunello Cucinelli viene fondata nel 1978 in un piccolo paese in provincia di Perugia, Solomeo che oggi ospita un Teatro, la biblioteca, la mensa per i dipendenti e tre parchi a tema: il parco dell’Industria che ospita il lanificio, poi c’è il Parco dell’Oratorio laico, luogo di ospitalità per i giovani, e il terzo parco è quello agrario, 70 ettari destinati a orti, vigneti, oliveti e frutteti. Ma l’azienda offre molto di più ai propri dipendenti: è stato stilato e messo in bella vista nel sito aziendale un decalogo in 10 punti dedicato “Ai Nostri Amabili Dipendenti”.

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Cosa ci insegna la storia sul welfare

I tre esempi risalenti ai primi anni del novecento ci dicono che gli imprenditori hanno puntato sulla prossimità della forza lavoro, e sul mettere in condizione i dipendenti di non avere nessuna scusa per lavorare bene e con soddisfazione.

Avere i dipendenti tutti vicini e soddisfatti delle loro case o dell’ambiente in cui vivono è stato un preciso ragionamento degli imprenditori: più i dipendenti sono soddisfatti dell’azienda, meno cambieranno lavoro e maggiore sarà la loro produttività. Anche il caso di Brunello Cucinelli ci dice che è interesse dell’azienda creare un posto di lavoro accogliente e ideale per mettere al centro il lavoratore, ma al tempo stesso per togliere loro le motivazioni al cambiamento.

Il welfare aziendale deve dunque avere una duplice funzione: è un beneficio per il lavoratore ma deve portare dei vantaggi anche alle aziende, che non possono solo essere benefici fiscali. Non si deve impostare il Welfare solo perché è “fiscalmente conveniente”, questo è un errore che l’imprenditore, ma anche un buon consulente aziendale, o assicurativo non devono mai compiere.

 

Un’idea di welfare aziendale

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Arriviamo quindi a definire il welfare aziendale come “un insieme di benefit e prestazioni, finalizzato a superare la componente meramente monetaria della retribuzione al fine di sostenere il reddito dei dipendenti e migliorarne la vita privata e lavorativa”.

Il welfare aziendale può anche essere definito come quell’insieme d’iniziative contrattuali o unilaterali concesse dal datore di lavoro volte ad incrementare il benessere del lavoratore e della sua famiglia.  Sappiamo che il welfare aziendale può essere modulabile liberamente a seconda delle categorie dei dipendenti. Per categorie si intendono delle categorie omogene, quindi tutti i dipendenti di un sito aziendale, oppure tutti i quadri, oppure tutti gli impiegati “amministrativi” che svolgono una medesima funzione.

La definizione degli importi da destinare a welfare aziendale può essere collegata a premi di risultato (PdR) definiti sulla base degli andamenti aziendali (utili, ricavi, incrementi di produttività, miglioramento della qualità di prodotti e servizi, miglioramento dell’immagine) oppure a condizioni contrattuali (contratti nazionali, territoriali, aziendali e regolamenti interni). Qual è il motivo per cui queste forme di integrazione alle retribuzioni godono di incentivi fiscali? Perché il vantaggio indiretto che ne deriva anche alla collettività può essere molto rilevante. Il welfare rivolto alla salute dei lavoratori, scarica la Sanità Pubblica di costi, così come un lavoratore con un piano pensionistico impostato dall’azienda potrebbe gravare di meno sulle casse dello Stato sotto forma di pensione minima. Il punto è che maggiori sono le coperture complementari dei lavoratori, minore è il rischio per la collettività di dover intervenire. 

Anche il punto di vista dei lavoratori è un elemento fondamentale per lo sviluppo di un piano di welfare aziendale, anche se non può essere l’unica modalità di scelta.

Fondamentale appare il coinvolgimento di soggetti esterni, quali provider o consulenti che meglio possono indicare all’imprenditore quali piani di selezionare.

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La Sanità e la Previdenza

Se pensiamo all’azienda come ad una entità che si prende cura dei propri dipendenti, quali saranno i punti chiave di un welfare aziendale?

La salute del lavoratore (e se possibile della sua famiglia) e il futuro più remoto, cioè la previdenza complementare. Quindi sanità e previdenza che sono argomenti problematici e che incidono in maniera sempre più rilevante sulle finanze pubbliche. C’è una crescente carenza di servizi nella sanità pubblica e c’è un drastico aumento del gap previdenziale.

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Per quanto riguarda la sanità, la maggior parte dei contratti collettivi prevede delle Casse Mutua di categoria, che sono a volte di ottimo livello, cioè offrono una varietà di prestazioni interessanti in rapporto all’effettivo costo, altre volte sono carenti come prestazioni e costose. Il buon imprenditore parte da qui. Si dedica a comprendere il meccanismo delle Casse Mutue, e analizza i dettagli delle prestazioni. Quindi elabora una strategia complementare, se ce ne fosse bisogno, sulla base delle necessità dei dipendenti (età, figli, tipo di famiglia, ecc).

Al tempo stesso l’imprenditore non si limita a prevedere come da legge il solo Fondo Pensione di Categoria, che alle volte è inefficiente, ma si preoccupa di stilare almeno un altro accordo aziendale con un Fondo Pensione Aperto, controllando bene costi, performance e solidità della Controparte.

Le polizze infortunio, TCM e le LTC

Con un servizio di sanità integrativa e una programmazione previdenziale, il nostro imprenditore illuminato ha già fatto un grosso sforzo anche economico per il benessere dei propri dipendenti, ma se fosse avanzato del budget si può anche ragionare sull’implementazione di una polizza collettiva infortuni che sostiene economicamente il dipendente in casi sfortunati di incidenti sia al lavoro che nella vita privata. E’ un lusso? No, è solamente la capacità di visione strategica dell’imprenditore. Immaginate il caso in cui un dipendente s’infortuni gravemente in auto (non per lavoro) e l’azienda sia pronta a sostenere economicamente la famiglia. L’impatto sia per il dipendente (economico) che per l’azienda (ritorno di immagina) sarebbe estremamente positivo.

Si potrebbe anche includere nel welfare aziendale una polizza sulla vita, la “temporanea caso morte”, che tuteli il dipendente in caso di premorienza.

In questo caso, si possono utilizzare le maggiori Compagnie Assicurative per costruire delle polizze ad hoc su un numero anche elevato di dipendenti di un’azienda. Attenzione, sono annuali, cioè il premio è variabile (anche se di poco ogni anno), e richiedono un questionario sanitario su tutti gli assicurati (e la Compagnia potrebbe anche chiedere ulteriori accertamenti e/o esami per assumersi un particolare rischio). C’è quindi un po’ di lavoro da fare per raccogliere tutti i dati, ma potrebbe valerne la pena.

Dello stesso tenore potrebbe essere appropriato proporre all’interno del welfare aziendale, anche una polizza LTC, long terme care, con lo scopo di costruire per il lavoratore una rendita in caso di inabilità totale oppure all’insorgere di malattie neuro-degenerative. In caso di dipendenti giovani, tali polizze ancorché collettive, potrebbero costare molto poco, e ovviamente di scarsa utilità nell’immediato, ma potrebbero essere continuate dal lavoratore anche nel caso dovesse cambiare lavoro, oppure nel caso in cui l’azienda dovesse decidere di sospendere i pagamenti.

Welfare aziendale e i flexible benefit

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La Legge di stabilità 2016 e le Leggi di bilancio 2017 e 2018 hanno potenziato il welfare aziendale, ampliando il novero dei servizi che possono essere offerti e facendo sempre più leva sui vantaggi fiscali. Quindi il legislatore, in luogo di ridurre o efficentare il cuneo fiscale dei contratti di lavoro, ha allargato le voci di spesa ricomprese nel servizio di welfare aziendale, di fatto cancellando per i flexible benefit sia i contributi previdenziali e assistenziali a carico del datore di lavoro, che le tasse per i dipendenti. 

Il funzionamento dei flexible benefits prevede l’assegnazione di un credito welfare al dipendente, con il quale poter comporre liberamente il paniere di benefit che più rispecchia le sue esigenze.

Vediamo quali sono le voci di spesa ricompresi nei flexible benefit:

– Rette scolastiche, mensa scolastica, tasse universitarie, testi scolastici, corsi di lingua

– Asili nido, scuole dell’infanzia, campus estivi e invernali, baby sitter, ludoteche e baby parking

– Servizi di cura e Assistenza anziani e non autosufficienti RSA e strutture specializzate

– Abbonamento al trasporto pubblico del dipendente e dei suoi familiari a carico

– Interessi passivi dei mutui

– Versamenti integrativi a fondi di previdenza complementare

– Sport, viaggi, cultura, tempo libero, corsi di formazione

– Beni e servizi in natura, buoni spesa, benzina, shopping

Per implementare i flexible benefit in azienda, sono presenti sul mercato numerose piattaforme web-based tramite le quali il datore di lavoro può attribuire a ciascun dipendente un credito welfare che può essere utilizzato secondo i regolamenti interni della piattaforma.

Attenzione a valutare la piattaforma di welfare che deve avere un’ottima interfaccia grafica e un funzionamento via web di alto livello, un’organizzazione efficiente per i rimborsi, un call center dedicato e una modalità efficiente per il convenzionamento di nuovi esercizi e strutture commerciali.