Ravi Agrawal è un giornalista e produttore televisivo, autore del libro India Connected: How the Smartphone is Transforming the World’s Largest Democracy. Questo testo, pubblicato lo scorso anno, ha riscosso particolare successo e da alcuni è definito come uno dei migliori studi scritti di recente sulla “più grande democrazia al mondo”. Nicholas Thompson, caporedattore di Wired e tra i più noti giornalisti che scrivono di tecnologia, ritiene che la modalità con cui in India la connessione alla rete si è diffusa è tra le più importanti del pianeta. La convinzione di Agrawal è che la forte diffusione di internet porterà a enormi cambiamenti nel paese, che investiranno la società nei suoi molteplici aspetti: condizione femminile, educazione, relazioni all’interno della famiglia, mondo del lavoro e governance.
Nel 2000 solo 20 milioni di indiani avevano accesso a internet. Entro il 2020, si stima che questo numero possa salire a 700 milioni e oltre il miliardo nel 2025.Lo strumento di questa rivoluzione è lo smartphone. Nelle economie avanzate la sua diffusione è stata il risultato di un’evoluzione iniziata alla fine degli anni ’90. Dall’utilizzo del Pc per connettersi alla rete si è passati, grazie allo sviluppo delle tecnologie legate a internet, alla possibilità di collegarsi attraverso la telefonia mobile. In India, come in altre economie emergenti, lo smartphone ha rivoluzionato la vita di persone che non erano mai state davanti a uno schermo o che non avevano mai avuto una macchina fotografica, un walkman o un Mp3 player. A un tratto, come per magia, si sono trovate nelle mani uno strumento che ha cambiato loro la vita e lo ha fatto trasversalmente, tra i diversi strati sociali e istruzioni scolastiche. Per Agrawal il cambiamento è simile a quello che l’automobile determinò nella società americana 100 anni fa, quando furono create infrastrutture e posti di lavoro e la mobilità cambiò le abitudini delle persone e il loro modo di socializzare. Per gli americani, in molti casi, l’auto fu il primo bene di possesso che rifletteva il loro status sociale e diventò un vero e proprio status symbol.
Nelle economie emergenti, lo smartphone ha lo stesso ruolo che il mezzo di trasporto individuale ebbe un secolo fa: identifica la persona in termini sociali, permette una mobilità e una connessione altrimenti fisicamente difficile da realizzare. Oltre ai cambiamenti economici, l’utilizzo massivo di internet ha portato e porterà importanti mutamenti a livello sociale, modificando, se non addirittura spazzando via, tradizioni centenarie che avevano mantenuto l’immobilità sociale.
UN LUSSO INSOSTENIBILE
Oggi, per la maggior parte degli indiani un telefono fisso, per non parlare di un personal computer, è un lusso insostenibile. Ci sono ancora enormi sacche della popolazione che vivono in uno stato di indigenza. Sarà proprio su loro, ritiene Agrawal, che la diffusione dello smartphone avrà effetti dirompenti. «Non importa quanto sia povero, ogni indiano vuole avere uno smartphone in mano», dice un venditore ambulante di New Delhi intervistato dallo scrittore. Ma in quale modo un telefonino plasmerà le peculiarità che definiscono l’India, con le sue numerose lingue, tradizioni antiche, cultura e società? In quale maniera una civiltà che mantiene ancora oggi, di fatto, la divisione in caste, affronterà una tecnologia così pervasiva? Queste sono le domande cui Agrawal cerca di rispondere, mentre esplora aspetti della vita quotidiana che sono già stati sconvolti dall’accesso di massa a internet: istruzione, lavoro, appuntamenti, matrimonio e affari. Per molti il telefonino è un mezzo per godere di una nuova libertà.
Avere uno smartphone significa che un abitante del villaggio non deve più viaggiare per ore per pagare una bolletta dell’elettricità. Permette l’accesso ai servizi governativi a persone che in precedenza non sapevano neppure di esistere. In una cultura in cui il matrimonio combinato è ancora la norma, lo smartphone consente l’accesso a un crescente mercato di appuntamenti. Forse, elemento più importante, il telefonino elimina l’”intermediario”, la figura che ha personificato il livello di corruzione in India.
Nel 2011, durante l’ultimo sondaggio nazionale, lo smartphone sembrava quasi un dispositivo magico per alcuni dei 273 milioni di indiani classificati come analfabeti. Sino al 2014 il 70% degli abbonati era costituito da uomini e nelle zone rurali solo una donna su dieci usava internet. Per un miliardo di indiani che non leggono l’inglese, la rete è diventata accessibile solo con lo sviluppo di software in hindi, tamil, bengali e altre lingue native. Innovazioni, come i motori di ricerca che possono tradurre l’inglese in hindi o gujarati, hanno alimentato la rapida crescita di coloro che sono online. Con l’avvento della tecnologia di riconoscimento vocale, internet è finalmente accessibile alle persone che non sanno leggere o scrivere in nessuna lingua. E ancora una volta, questa è una grande conquista per le donne che, in India, hanno un livello di educazione inferiore a quello degli uomini. Non va però dimenticato che la diffusione ha anche aspetti negativi: fake news, manipolazione delle informazioni, pornografia.
Come si può pensare che questo processo non abbia le caratteristiche di una vera e propria rivoluzione dei rapporti economici e sociali? L’età media in India è di 27 anni e il reddito pro capite è inferiore a 2 mila dollari. Con una popolazione così giovane, il paese ha bisogno di creare ogni mese un milione di posti di lavoro, per mantenere stabile il livello occupazionale, un obiettivo non facile da raggiungere. La tecnologia, con la sua diffusone, è uno strumento che genera nuova domanda occupazionale, per gli effetti a macchia d’olio che il suo utilizzo genera. L’India, secondo l’Fmi, dovrebbe chiudere il 2018 con un Pil in crescita del 7,3% e del 7,5% e del 7,7%, per gli anni 2019 e 2020. In termini di contributo al prodotto interno lordo globale, secondo quanto riportato da Bloomberg su stime Fmi e Ocse calcolate in base alla parità di potere d’acquisto, il paese peserà per il 12,9%, rispetto al 27,2% della Cina e al 12,3% degli Usa. Il dato è previsto salire al 15,9% nel periodo 2022-2023 (Cina 28,4% e Usa 8,9%). Le potenzialità di crescita sono significative.
GRANDI POTENZIALITÀ
Nel 2016, l’uomo più ricco dell’India e proprietario di Reliance, Mukesh Ambani, decise di offrire gratuitamente, per un periodo limitato, l’uso del 4G e del servizio dati a chiunque si fosse iscritto alla sua nuova rete telefonica Jio. Dopo sei mesi, il nuovo operatore telefonico vantava oltre 100 milioni di utenti. Le potenzialità sono notevoli. Nel 2018 il mercato degli smartphone è cresciuto nel paese del 10%, in controtendenza rispetto al dato complessivo in discesa e si colloca ai primi posti tra le nazioni che hanno avuto una forte crescita Indonesia (17,1%), Russia (14,1%) e Italia (10%).
L’India è l’unico mercato, tra quelli citati in precedenza, che è aumentato per tre anni di fila e il suo peso totale è passato dal 6% di cinque anni fa a oltre il 10% attuale. Apple e Amazon hanno investito molto per conquistare un mercato di e-commerce che si prevede abbia un valore di 420 miliardi di dollari entro il 2025. Facebook e WhatsApp hanno più utenti in India che in qualsiasi altro paese.
REAGISCE IL GOVERNO
Oggi ci sono circa 300 milioni di indiani che diventeranno maggiorenni in un’epoca in cui gli smartphone e internet sono onnipresenti e non ricorderanno un’India non connessa. Forse è proprio per questa rapida diffusione che il governo vorrebbe avocare a sé maggiori poteri, aprendo la strada a un possibile scontro con i giganti della rete, per controllare i contenuti su internet. Un duello tra grandi poteri che cela però il sospetto che le autorità vogliano esercitare una forma di censura. Secondo le regole proposte, i funzionari indiani potrebbero richiedere a Facebook, Google, Twitter, TikTok e altri di rimuovere post o video che reputano diffamatori, invasivi della privacy, ingannevoli. Alcuni gruppi sui diritti civili hanno detto che i cambiamenti violerebbero le protezioni costituzionali per la libertà di espressione e la privacy, collocando l’India nello stesso gruppo di paesi come Cina e Russia.
Questo possibile irrigidimento delle posizioni del governo avrebbe poi ricadute sulla privacy, visto che l’India non ha ancora deciso se seguirà il modello europeo del Gdr o quello cinese. La questione non riguarda solo gli utilizzatori di internet, ma anche le aziende che usano il web per le loro attività. Come saranno protetti i loro dati? A oggi c’è un disegno di legge che, se approvato, ridefinirebbe la relazione tra i cittadini indiani e le autorità pubbliche cui affidano i loro dati. Questo sarebbe un passo importante, visto che in India l’introduzione obbligatoria dell’identificazione biometrica (Aadhaar) aveva prevaricato il diritto dei singoli alla tutela della privacy. La proposta legislativa, depositata in parlamento, si ispira al modello europeo e, come per il Gdpr, si applicherebbe a tutti gli enti che elaborano dati dei singoli individui. Tuttavia, le recenti proposte del governo sull’e-commerce, con un provvedimento che considera i dati personali degli indiani come un “bene nazionale”, fanno sorgere qualche perplessità. Allo stesso modo, la richiesta di accedere al codice sorgente e agli algoritmi utilizzati dalle compagnie straniere, solleva profondi dubbi su ciò che le autorità vogliono ottenere.
È possibile che questo irrigidimento delle posizioni governative sia spiegato dagli appuntamenti elettorali e che alcune posizioni di rigidità possano affievolirsi. Rimane tuttavia un problema: quale strada l’India vuole percorrere per diventare una potenza economica mondiale? Quali spazi commerciali vuole conquistare? E, infine, come si vuole relazionare con gli altri stati? Non ultimo, la più grande democrazia al mondo deve decidere quanto voglia tutelare i diritti dei singoli individui. Ma si sa, ogni rivoluzione apre sì nuovi scenari, ma porta con sé costi da pagare.
a cura di Pinuccia Parini
tratto da: https://www.fondiesicav.it/india/