Nel 2020, veniva quotato il primo titolo Stato centennale emesso dall’Austria. In quel periodo di tassi d’interesse a zero e poi negativi, la cedola di ben 0,85% su un titolo con rating AA+ sembrava una grandissima opportunità. Migliaia di risparmiatori corsero a comprarlo ma la domanda soprattutto venne dagli operatori istituzionali: banche, assicurazioni, fondi pensione.
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Nel grafico si può notare come in una prima fase il prezzo del titolo “volò” sopra 100 proprio perché, sull’onda del Covid19, i tassi continuarono a scendere, facendone crescere la quotazione.
Ma, come ormai sappiamo, la politica in tema di tassi d’interesse intrapresa dalle banche centrali è nel frattempo radicalmente mutata. Come ogni volta, abbiamo scoperto “dopo”, a giochi fatti, nonostante i governatori della FED e della BCE avessero sostenuto (o promesso?) il contrario, che i tassi invece hanno iniziato una rapida e verticale ascesa.
Oggi questo titolo di Stato sicuro quota, come si può vedere dall’immagine, poco sotto 36, con una perdita stellare per chi lo ha sottoscritto nel suo primo anno di vita.
Ricordiamoci che gli asset finanziari principali sono due: azioni e obbligazioni.
Quando veniamo intervistati secondo gli adempimenti di Mifid, necessariamente rappresentiamo il nostro profilo di rischio, le nostre conoscenze finanziarie, la nostra capacità di sostenere le perdite, la nostra esperienza in tema di utilizzo degli strumenti finanziari.
Molto spesso, a fronte di limitate diponibilità, poca attitudine al rischio, competenze scarse o generiche, l’analisi spinge l’investitore necessariamente verso il mercato obbligazionario.
Dove non interviene la normativa, è lo stesso risparmiatore che si addentra da solo nella foresta buia del mercato obbligazionario moderno. Cioè, chi sceglie di costruire un portafoglio “sicuro”, “prudente”, “tranquillo” necessariamente costruisce un portafoglio obbligazionario.
Il portafoglio obbligazionario più tranquillo, sicuro e prudente è costituito dai titoli di Stato, meglio se emessi da nazioni con bilanci solidi e prospettive di crescita, come l’Austria.
Ma se i tassi salgono, i titoli già emessi a condizioni di tasso meno favorevoli, più basse, perdono valore come nel caso del nostro austriaco. La perdita di valore è amplificata dalla scadenza: più essa è distante nel tempo (nell’esempio 100 anni), maggiore sarà il calo di prezzo del titolo.
Questa tabella di AdviseOnly ci illustra come variano i prezzi delle obbligazioni al variare dei tassi d’interesse:
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È un fenomeno che ha riguardato solo l’Europa? Osserviamo l’andamento del titolo di Stato americano a 10 anni, dal 1928 ad oggi, grazie all’analista Charlie Bilello:
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Proviamo a contare in quasi 100 anni di osservazione quante volte abbia perso di valore. Ora proviamo a contare quante volte abbia perso valore per 2 anni di fila in questi 100 anni. Ora proviamo a contare quante volte abbia perso valore per 3 anni di fila, come è accaduto negli ultimi 3 anni (il dato è aggiornato al 29 settembre).
Anche qui torniamo al concetto di “sicuro”, “prudente”, “tranquillo”. Se facciamo riferimento ad un portafoglio finanziario, maggiore è la componente obbligazionaria e maggiore è l’aderenza del portafoglio alle tre caratteristiche citate. Se poi la componente obbligazionaria è costituita da titoli di Stato invece che da obbligazioni emesse da emittenti privati, il portafoglio sarà ancora più “sicuro”, “prudente”, “tranquillo”. Se poi lo Stato in questione sono gli Stati Uniti d’America allora sono ancora più tranquillo (rischio cambio a parte, ovviamente).
Ma non è finita: investire è semplice ma non è facile.
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Fermiamoci un attimo. Siamo nel 2020 e i tassi sono negativi, è scoppiato il Covid19 e le Borse sono crollate. Gli investitori corrono a vendere le loro azioni e a comprare obbligazioni e titoli di Stato, accettando di avere ritorni da cedola nulli o inconsistenti.
Oggi, finalmente, il mercato obbligazionario è tornato ad offrire rendimenti decisamente attraenti per coloro che si apprestano a delineare nuovi progetti di investimento.
Certo, con il fatto che quasi ogni giorno queste prospettive di tasso sono ancora più interessanti, l’effetto è duplice: da un lato il portafoglio già in essere scende come valorizzazione, dall’altro l’investitore può tornare ad investire a tassi sempre più alti.
Eppure, paradossalmente, i risparmiatori e sottoscrittori si sentivano più tranquilli prima, quando i tassi erano bassi e ulteriormente calanti e l’inflazione era prossima allo zero, mentre oggi, in un contesto che non è ardito definire complessivamente favorevole o per lo meno più favorevole di tre anni fa, si tirano indietro. Temporeggiano. Vogliono vedere che cosa succede, non comprano.
Invece, le “mani forti”, gli operatori ben informati, la pensano diversamente.
Nel grafico, tratto da una presentazione di Alessandro Tentori, Chief Investment Officer AXA IM Italia, del 19 settembre 2023, possiamo osservare in grigio, sulla sinistra, la domanda di obbligazioni a lunga scadenza da parte degli investitori istituzionali negli USA.
Come vedete, nonostante ogni giorno il pregresso, quanto già acquistato, scenda in termini di quotazione e si venga da tre anni di fila di ribassi, la domanda di titoli di Stato americani aumenta ogni giorno di più.
Il mercato sembra volerci dire: nessuno sa quando i tassi smetteranno di salire, nessuno sa a maggior ragione quando inizieranno a scendere, ma in ogni caso a questi livelli, vale sempre più la pena costruire gradualmente una posizione di lungo termine.
Anzitutto perché oggi, per la prima volta da oltre 20 anni, il rendimento annualizzato di un Buono del Tesoro USA con scadenza 3 mesi (5,47%) supera sia il rendimento degli utili offerto dall’indice S&P 500, sia il rendimento da dividendi dello stesso indice azionario (1,54%):

Fonte: Bloomberg Finance
Il rendimento attualmente offerto titoli decennali del Tesoro USA (4,68%) è circa tre volte il rendimento da dividendi dell’indice S&P 500:

Fonte: Bloomberg Finance
Questi grafici ci ricordano che la prolungata anomalia rappresentata dall’ inversione della curva dei rendimenti (il rendimento di un titolo di Stato USA con scadenza 3 mesi da quasi otto mesi è superiore a quello di un titolo con scadenza 10 anni) è un messaggio di allerta che gli investitori non dovrebbero ignorare: il mercato sta anticipando una possibile recessione.
Se così fosse, i mercati ipotizzano una futura discesa dei tassi d’interesse rispetto ai livelli attuali per affrontarla, quale risposta delle banche centrali.
A questo proposito Chiarlie Bilello ci fa notare un’altra cosa:
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Dal 1976, cioè negli ultimi 47 anni, si sono già verificati periodi di crisi sul fronte obbligazionario e di calo temporaneo delle quotazioni.
Bilello li è andati a riprendere tutti ed è andato a misurare la loro durata, ordinandoli in base alla lunghezza. A parte quanto sta capitando oggi, dove abbiamo raggiunto ben 38 mesi di calo ininterrotto del Bloomberg US Aggregate Bond Index (uno dei maggiori indicatori obbligazionari), nelle altre circostanze, al massimo, l’investitore aveva dovuto attendere 16 mesi prima di veder esaurita la spinta negativa di un rialzo dei tassi. In altri frangenti, il tempo necessario si era determinato in soli 12 mesi.
Ma non è finita: investire è semplice ma non è facile.
Qual è dunque la ricetta per la tranquillità? Per la sicurezza? Per la prudenza?
Mi dicono i miei amici che basta acquistare degli ETF. Me lo dicono amici molto esperti, che hanno letto molti libri a riguardo. L’importante è eliminare i costi. Anzi, mi dicono che basta acquistare la Borsa degli Stati Uniti, che sale sempre.
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Ebbene l’ultima volta che la Borsa americana ha invertito la rotta, ha avuto bisogno di ben 13 anni per tornare in pari. Mi piacerebbe conoscerli questi investitori, che hanno pazientemente aspettato 13 anni, mantenendo i loro investimenti senza cambiare portafoglio, consulente, fondo, prodotto o banca.
Per non parlare del Nasdaq, il listino che pare oggi inarrestabile. Nel suo caso il “time to recovery” è stato di ben 15 anni, contraddistinti però da un primo calo del 50 % circa, seguito poi nel tempo da un altro periodo ancora peggiore. Nessuno voleva più investire in tecnologia!!! Oggi, dai massimi del 2000 è triplicato e dai minimi del 2009 (se non erro) vale 15 volte!!!
Ma allora meglio le obbligazioni o meglio le azioni, visto che investire è semplice ma non è facile?

Fonte: Bloomberg Finance
Questa slide ci rappresenta la correlazione esistente tra obbligazioni ed azioni, in rapporto ai livelli dell’inflazione. È chiaro che l’intento dell’investitore prudente è quello di diversificare per affrontare al meglio il rischio. Bisogna però fare attenzione. Mentre nei periodi in cui l’inflazione è contenuta – nell’esempio quando si colloca al di sotto del 2% – la correlazione tra azioni e obbligazioni americane è solo del 22 % e quindi diversificare significa proteggersi, quando l’inflazione sale, le due attività diventano maggiormente correlate: se l’inflazione si colloca tra il 2 % e il 4 % la correlazione sale al 65 %, mentre quando, come in questo momento, è superiore al 4 % la correlazione è massima: azioni e obbligazioni si muovono nella stessa direzione e il beneficio della diversificazione temporaneamente si annulla.
Dunque, il tempo è e rimane l’asset più importante, specie se si costruisce un portafoglio diversificato e ben bilanciato. La seconda componente importante è la propria guida, specie se viene da esperienze dirette, sul campo: l’esperienza ci deriva principalmente dagli errori, se non ne compiamo non impariamo mai nulla e lo sappiamo bene. La terza componente è il risparmio, la vera materia prima di ogni portafoglio.
Come dice Warren Buffet: investire è semplice ma non è facile!
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