La crescita americana vista dalle banche centrali locali – gennaio 2023

A cavallo di questo fine settimana sono iniziati ad uscire i dati relativi al primo trimestre 2023, mentre con l’aggiornamento dello scorso 20 gennaio era uscita l’ultima rilevazione dell’ufficio studi della Federal Reserve di Atlanta relativa al quarto trimestre 2022.

Vorrei sottolineare ancora una volta che la modalità di calcolo per la stima puntuale della crescita effettuata da questo ufficio studi è ritenuta molto credibile e sempre più allineata con il dato che poi viene rilevato a consuntivo: il modello infatti è alimentato solo da dati empirici e non è integrato da indicatori di sentiment. Questo ha spesso evidenziato notevoli differenze rispetto al cosiddetto consensus degli economisti, in parte influenzato anche dall’andamento dei mercati.

Nei grafici successivi troveremo il confronto tra i dati dell’ufficio studi della FED di Atlanta (tracciato in color verdino) e il consensus economico (tracciato in blu). In questi mesi abbiamo spesso letto attese negative circa le sorti dell’economia mondiale in generale e americana in particolare. Vediamo insieme i dati relativi al IV trimestre 2022 e poi i primi dati sul trimestre in corso.

Partiamo dall’ultimo dato del 20 gennaio 2023 e relativo al IV trimestre 2022 appena concluso:

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Teniamo conto che diverse volte nell’ultimo decennio il dato della FED è risultato inferiore al consensus del mercato, come se il modello della FED di Atlanta si facesse condizionare meno dalle aspettative di economisti e operatori, risultate spesso inusitatamente ottimistiche.

Il dato in oggetto evidenzia un + 3,5 % di crescita annualizzata relativa al IV trimestre, numero ben superiore alle stime degli analisti di mercato. La cosa curiosa è che questo tipo di trend si è mantenuto per tutto il tempo, anche durante lo scorso autunno quando i mercati finanziari, condizionati dai tassi in aumento, esprimevano nelle loro attese parecchie perplessità.

Certo già il 25 gennaio ci si affrettava, grazie ad un altro modello elaborato congiuntamente alla University of Chicago Booth School of Business e alla Stanford University, ad affermare che comunque le incertezze sulla crescita rimanevano elevate rispetto ai livelli pre-pandemici:

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Pochi giorni fa, il 27 gennaio, è invece uscita la prima rilevazione relativa al trimestre in corso che registra una crescita pari allo 0,7%, un numero certamente modesto, ma ancora una volta decisamente superiore al consensus degli economisti che risulta ancora ampiamente in territorio negativo.

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Non è un dato brillante in termini assoluti ma comunque confortante rispetto alle attese degli economisti. La negatività che accompagna le sorti di breve dei mercati azionari americani si fonda infatti su attese ben valori peggiori che almeno fino ad oggi ci limitiamo a registrare.

Ricordo che queste discrepanze sono sempre esistite ma nel post Covid ogni ufficio studi che si rispetti è diventato ancora più prudente, come recita ancora oggi il sito della Fed di Atlanta:

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Nel passato abbiamo anche proposto l’indice di stress test finanziario calcolato dall’ufficio studi della FED di St. Louis il cui ultimo rilascio è avvenuto il 29 gennaio.

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How to Interpret the Index:

The average value of the index, which begins in late 1993, is designed to be zero. Thus, zero is viewed as representing normal financial market conditions. Values below zero suggest below-average financial market stress, while values above zero suggest above-average financial market stress.

Come indicato nella legenda in inglese, valori intorno allo zero rappresentano le normali condizioni di mercato, mentre valori negativi come in questo momento suggeriscono uno stress dei mercati finanziari inferiori alla media.

Sempre il 29 gennaio l’ufficio studi della FED di St Louis ha rilasciato la sua stima sulla crescita americana relativa al quarto trimestre del 2022 e pari allo 2,9% su base annua, in leggero calo rispetto al trimestre precedente dove si era attestata al 3,2%:

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In merito all’andamento dell’inflazione invece i dati supportano uno scenario incoraggiante di lieve rallentamento, con il dato di dicembre sceso per il sesto mese consecutivo e giunto ora al 6,5% anno su anno, il livello più basso da ottobre 2021. Anche il dato cosiddetto “core”, ovvero quello al netto delle componenti più volatili quali cibo ed energia, è sceso lievemente giungendo al 5,7% anno su anno, il livello più basso dal dicembre 2021.

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Sempre grazie a Charlie Bilello, oltre ai dati prettamente economici, riteniamo Interessante lo spunto del 28 gennaio relativo ai multipli di mercato circa il PE dello SP500.

Osservando i dati di fine 2022 Bilello scrive:

Il rapporto P/E sullo SP500 ha chiuso il 2022 a 19,3, con una contrazione dei multipli del 16% nel corso dell’anno. Il rapporto P/E medio di fine anno per lo SP500 dal 1989 è 19,6.

Il dato che forse potrebbe esserci più utile è osservare sulla stessa riga l’andamento del listino americano, degli utili delle aziende in esso quotate e del tipo di trend associato al singolo anno dal 1989.

Come si può notare non è facile stabilire una correlazione tra variabili e in base all’andamento di una, fare un’ipotesi sull’andamento di un’altra. Ad esempio non possiamo certo dire che quando l’economia va male necessariamente debba scendere la borsa: magari, proprio su aspettative negative, è già scesa prima. Così come non possiamo essere certi che quando lo SP500 ha un P/E più alto e quindi è più caro, debba per forza correggere. Magari avremo utili più alti.

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Come già affermato la miglior politica è la diversificazione, la decorrelazione, il corretto orizzonte temporale, l’analisi dell’effettivo rischio che si è disposti a sostenere. Ma per questo ci vuole un buon consulente.

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