La sanità pubblica, un tempio o una rovina? – di Filippo Donati

Si è svolto a fine giugno l’assemblea Annuale dell’Ania, associazione che rappresenta le imprese di assicurazione operanti in Italia. In quella occasione la Presidente Maria Bianca Farina ha ribadito che le imprese di assicurazione possono e devono giocare un ruolo chiave nello sviluppo del welfare del Paese. Tema che è stato affrontato anche in occasione della presentazione dell’indagine condotta dal Censis per il Forum ANIA-Consumatori. Ma cosa si intende per Welfare in un paese se non la Sanità Pubblica?

In Italia abbiamo il miglior Servizio Sanitario dei maggiori paesi industrializzati, purtroppo però la situazione è in grave e irreversibile peggioramento a causa della mancanza di fondi e di un approccio globale.

Dal Rapporto Censis per il Forum Ania – Consumatori emerge che il 72,7% degli italiani ha dovuto ricorrere all’offerta privata per una prestazione di welfare almeno in una occasione nel corso dell’anno, anche se sulla carta il servizio era disponibile nel sistema pubblico, a titolo gratuito o a costo contenuto (il dato sale al 75,9% nel Sud). Il 42,9% degli italiani afferma che, benché le prestazioni di cui hanno bisogno siano disponibili nel sistema di welfare, nella realtà è difficile accedere nel momento in cui se ne ha effettivamente bisogno. Il 40,7% ritiene che nel pubblico non ci sia tutto ciò di cui ha bisogno e per questo ricorre al privato. Solo il 16,3% sostiene che non c’è bisogno del privato perché il pubblico ha un’offerta adeguata.

Farina sottolinea che il fondamentale tema della salute sia stato affrontato con una mancanza di un organico approccio come al contrario ha avuto la previdenza complementare. La Sanità necessita di avere uguali condizioni fiscali per tutti i soggetti che offrono soluzioni integrative al Servizio Sanitario Nazionale: i fondi di categoria (Fondi Sanitari, Casse Mutua), e le polizze sanitarie individuali.

Manca un approccio olistico e integrato da parte dei tre pilastri della Sanità: Servizio Sanitario – Fondi Sanitari – Assicurazioni Private. Questo si riflette in una mancanza di efficienza della spesa sanitaria privata che ha ormai raggiunto i 40 miliardi di euro. Spesa che si caratterizza per la straordinaria incidenza della componente pagata di tasca propria dai cittadini (“out-of-pocket”) che in Italia è pari al 90% del totale, rispetto al 40% in Francia e al 55% in Germania. Il punto chiave è che Spesa privata per la sua quasi totalità mette il cittadino di fronte alla scelta tra pagare, quando è in condizione di farlo, o rinunciare alle cure nel momento in cui è più fragile, come riportato da Farina nel suo intervento.

Come porre rimedio a questo? Innanzi tutto si chiede di avere condizioni fiscali uguali per tutti i soggetti che offrono soluzioni integrative al Servizio Sanitario Nazionale: fondi chiusi di categoria ma anche i fondi aperti e le polizze assicurative, con condizioni di accesso e di gestione uguali per tutti.

Ci sono quasi 20 milioni di Italiani che hanno cercato di prenotare una visita con il SSN, ma a causa della lunghezza infinita delle liste di attesa hanno preferito andare a pagamento. Ma chi non se lo può permettere? A questo proposito, proprio Il 9 luglio si è insediato al ministero della Salute, alla presenza del ministro Giulia Grillo, l’Osservatorio nazionale liste d’attesa e si è svolta la prima riunione (http://www.salute.gov.it/portale/listeAttesa/dettaglioNotizieListeAttesa.jsp?lingua=italiano&id=3831). Il Ministro ha ritenuto quindi indispensabile fare fronte a questa terribile emergenza con l’istituzione di un Organo che monitori e che cerchi di dare delle soluzioni ragionevoli. Sarà sufficiente a risolvere il problema? Ricordiamo che l’iniziativa del Ministro segue quella della istituzione nel febbraio del 2019 del Piano nazionale di governo delle liste di attesa per il triennio 2019-2021 (http://www.salute.gov.it/portale/documentazione/p6_2_2_1.jsp?lingua=italiano&id=2824) a sottolineare che il problema è noto a tutti, ma il ventaglio delle soluzioni devono ancora essere identificate.

Che fare e come modulare una risposta intelligente da parte degli operatori del settore?

Infatti, cresce ‒ molto lentamente ‒ il welfare integrativo. Aumenta l’incertezza e aumenta il risparmio, ma gli italiani cercano protezione nel denaro che tengono fermo, piuttosto che negli strumenti del welfare integrativo. Perché i risparmiatori investono poco in tali strumenti? Perché c’è ancora una scarsa conoscenza: solo il 20% degli italiani conosce bene gli strumenti della sanità integrativa, il 23,3% quelli della previdenza complementare e il 15,6% quelli di tutela dalla non autosufficienza. Se il 66,5% dei risparmiatori mostra disponibilità a prendere in considerazione gli strumenti del welfare integrativo, il 53,9% dichiara di voler capire bene cosa ottiene in cambio dell’investimento.