Il tema della transizione energetica, pur essendo nella bocca di tutti ed essendo pervasivo su tutti i media, ha diversi aspetti che a prima vista non emergono dai grandi proclami.
Le promesse di tutti i governi non fanno il conto con alcuni aspetti fondamentali, senza i quali le date e le cifre concordate non potranno essere mantenute e si rischia uno sforamento ad oggi impossibile da quantificare.
In questa sede soprassederemo dal commentare le ultime decisioni dell’EU per quanto riguarda la cosiddetta “tassonomia energetica EU”, che includerebbe il gas naturale e il nucleare tra le fonti “sostenibili”: basterebbe solo pensare alla forte dipendenza dell’EU dal gas naturale russo e il suo possibile utilizzo come arma di ricatto geopolitico.
Il primo punto da evidenziare riguarda le materie prime essenziali per la transizione energetica. Parliamo di rame, nickel, cromo, zinco, terre rare, silicio ed altre ancora. Dal punto di vista Europeo non ci rendiamo conto degli elementi di contraddizione che esistono. Da un lato le pressioni dei movimenti ecologisti che promuovono la transizione energetica da fossile/nucleare verso fonti rinnovabili, dall’altro le pretese che essa avvenga possibilmente senza impatto aggiuntivo all’ambiente dovuto alle attività mineraria necessaria per implementarla (sia nei paesi emergenti che qualora possibile in Europa stessa).
Da un recente articolo del sito energy post si evince che l’EU ha definito 30 materie prime critiche ma nel contempo si trova nella grave situazione di dipendere fortemente dalla importazione delle stesse, nonostante in molti casi le imprese europee possiedano sia la tecnologia di estrazione ma anche la disponibilità delle miniere in Europa per disporne.
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Il secondo aspetto non meno importante è il ruolo assunto da un singolo paese nel campo delle energie rinnovabili e i requisiti tecnologici e di fabbisogno di risorse naturali per attuare la transizione verso le energie rinnovabili.
Il sito visual capitalist ha pubblicato due articoli che rendono molto chiara la posizione dominante della Cina, sia dal punto di vista disponibilità nel proprio paese di miniere di terre che anche di tutti gli altri metalli critici.
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Il controllo così stretto di questi importanti metalli ha costretto il mondo a cercarsi le proprie fonti di approvvigionamento. Con l’inizio delle operazioni minerarie in altri paesi, la quota di produzione globale della Cina è scesa dal 92% nel 2010 a meno del 58% nel 2020. Ciononostante la Cina ha un controllo molto forte nella catena del valore producendo più del 85% delle terre rare raffinate nel 2020.
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La necessaria transizione da combustibili fossili verso le energie rinnovabili apre interessanti scenari su come la geopolitica e queste catene di valori verranno impattate.
Nella corsa per assicurarsi le materie prime necessarie per la rivoluzione verde, potrebbero sorgere nuove superpotenze man mano che la domanda di metalli per le energie pulite crescerà.
Per ora la Cina è in testa.
Il terzo aspetto, come evidenziato da un recente articolo dalla versione cartacea di Wirtschaftswoche – settimanale economico/finanziario dell’area di lingua tedesca – riguarda una criticità molto preoccupante, la mancanza di capacità produttiva delle fonderie in Europa, in seguito la traduzione del testo dell’articolo.

L’immagine di copertina è tratta dalla versione cartacea dell’articolo
Transizione energetica
Le fonderie sono il problema di Habeck
(n.d.r.. Habeck ricopre un duplice ruolo, vicecancelliere e ministro dell’economia e della protezione climatica della Germania nel governo Scholz)
L’ambiziosa transizione energetica del ministro dell’economia Robert Habeck (Verdi) rischia di fallire, ancora prima di essere partita, poiché le fonderie non possono produrre sufficienti parti per i generatori eolici. Lo fa notare la fonderia più grossa della Germania, la Siempelkamp di Krefeld.
La Germania vuole coprire l’ottanta percento del proprio fabbisogno elettrico nei prossimi 8 anni da energie rinnovabili. Habeck ha annunciato che per raggiungere questo obiettivo occorrano almeno 1.500 nuovi generatori eolici all’anno. Secondo Siempelkamp ciò sarebbe impossibile: poiché i mozzi per le pale dei rotori e i pezzi di collegamento tra mozzo e torre per ciascun generatore eolico sono fatti di pezzi in ghisa, che debbono essere lavorati a mano. In Germania mancano le capacità necessarie, secondo i calcoli di Dirk Howe, il CEO di Siempelkamp, per ciascun generatore eolico on-shore occorrono 4 componenti, ciascuno con un peso tra le 30 – 35 tonnellate, che debbono essere prodotti attraverso un processo di stampaggio in ghisa manuale (i componenti per le versioni di generatori eolici off shore sono più grosse ancora).
Complessivamente occorrerebbero per i generatori eolici previsti dai piani di Habeck, circa 230.000 tonnellate annuali di fonderia -5 volte quanto Siempelkamp attualmente produce. A ciò si aggiunge il fatto che gli impianti in Germania (capacità di 555.000 tonnellate) sono totalmente saturi, secondo Howe. A livello Europeo ci sarebbero alcuni pochi impianti soltanto in Italia e Spagna, fonderie già totalmente sature, che sarebbero in grado di produrre componenti di queste grosse dimensioni. L’importazione dalla Cina non si giustificherebbe dovuti agli alti costi di trasporto. Dal 2007 in Germania sono state ridotte le capacità delle fonderie di 140.000 tonnellate. Le ditte Baettr, SHW e acciaieria Friedrich Wilhelms-Huette hanno chiuso. Howe ritiene improbabile una rapida espansione: “i costi energetici alle stelle, le normative ambientali e la burocrazia spaventano gli investitori dal business energivoro delle fonderie”
L’infografica riporta l’andamento in percentuale delle quantità prodotte in Germania di fonderie in ferro e acciaio

In conclusione, la transizione energetica resta un obiettivo indispensabile, ma spesso non ci si rende conto degli enormi costi e in alcuni casi della reale impossibilità nel raggiungere tutti i traguardi.
Alla fine la responsabilità ricadrà sul singolo e dovremo accettare tempi di realizzazione più lunghi, sopportare gli idrocarburi come soluzione di passaggio necessario, utilizzare sicuramente una maggiore attività mineraria, confidando che causi il minimo impatto ambientale possibile.
Ognuno di noi potrà dare un contributo grazie ai propri comportamenti in termini di risparmio energetico e di raccolta differenziata. Potrebbe anche valer la pena privilegiare nei nostri investimenti quelle società di gestione che adottano severi criteri di selezione delle aziende maggiormente sostenibili. Così facendo i più virtuosi avranno il nostro supporto economico e finanziario, saranno ancora più incentivati a perseguire le proprie politiche perché senza energia non avremo crescita e sviluppo.
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