Gli investitori cercano sempre di capire se i mercati finanziari si trovino in una fase di sottovalutazione o di sopravalutazione del proprio effettivo valore e per raggiungere questo obiettivo utilizzano molteplici indicatori. Tra questi uno dei più noti è quello ideato dal Premio Nobel per l’Economia del 2013 Robert Shiller al quale il riconoscimento fu assegnato proprio per le analisi empiriche sui prezzi delle attività finanziarie, il cui studio fu portato avanti insieme ai colleghi Eugene Fama e Lars Peter Hansen.
L’indicatore in oggetto prende il nome dal proprio ideatore e si chiama Ciclically Adjusted Price to Earnings Ratio comunemente poi riconosciuto come Shiller PE.
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Come riporta wikipedia, l’indicatore “è definito come prezzo diviso per la media di dieci anni di guadagni (media mobile), rettificata per l’inflazione. In quanto tale, viene utilizzato principalmente per valutare i probabili rendimenti futuri delle azioni su un orizzonte temporale compreso tra 10 e 20 anni, con valori CAPE superiori alla media che implicano rendimenti medi annui di lungo termine inferiori alla media.”
Più interessante la definizione che ne da l’analista John Rekenthaler che scrive: “l’indicatore calcola il rapporto prezzo/utili corretto per il ciclo dell’S&P 500, che è un modo elegante per dire che il prezzo dell’indice è diviso per gli utili aziendali medi nell’ultimo decennio, piuttosto che per il più recente risultati.”
Per molti analisti questo indicatore può fornire informazioni sulla futura evoluzione dei mercati azionari americani.
In questo senso basta osservare il livello più alto raggiunto dal Shiller PE per sostenere che utilizzandolo nel 2000 avremmo potuto prevedere lo scoppio della bolla internet. Oppure, a prescindere dai valori raggiunti in questa fase, potremmo anche notare che nella storia il secondo valore più alto venne raggiunto proprio nel 1929 e che quindi anche in questo caso avremmo potuto prevedere con il suo utilizzo lo scoppio di questa bolla.
Come scrive ancora John Rekenthaler “picchi minori si sono verificati nel 1936, 1966, 1972 e 1987, ciascuno dei quali è stato seguito anche da gravi perdite. Quando si guarda il grafico del CAPE ratio si è tentati di concludere che gli investitori astuti avrebbero potuto sentire il tuono prima che arrivasse la pioggia.”
Nel suo articolo del luglio del 2020 “Maybe There’s Something to the Shiller CAPE Ratio, After All”, mette in correlazione il valore dell’indicatore ad una determinata data e l’andamento borsistico dei successivi 10 anni.
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Si colgono subito le evidenze, per lo meno nel periodo 1970 – 1994. Esiste una relazione che ci porta a dire che all’aumento dell’indicatore diminuisce il rendimento successivo del mercato azionario. Questa relazione è però poco consistente perché a livelli crescenti di indicatori sono anche seguiti rendimenti crescenti dei mercati. “Inoltre in corrispondenza dei livelli di picco dell’indicatore i rendimenti futuri hanno oscillato tra l’8 % e il 12 % e non sono seguiti disastri particolari.”
Nello stesso tempo, a livelli contenuti dell’indicatore hanno fatto seguito in maniera affidabile buoni rendimenti.
Deduco quindi che osservando questo periodo l’indicatore possa essere più utile per decidere di avere una quota azionaria più alta nel portafoglio qualora l’indicatore sia basso, piuttosto che su livelli alti dell’indicatore decidere di ridurla. (nota dello scrivente).
L’analista Michael Finke prova a dare un ulteriore contributo nel suo pezzo del luglio 2020 dal titolo “The Remarkable Accuracy of CAPE as a Predictor of Returns” in cui va misurare con la stessa logica illustrata precedentemente cosa sia poi successo nel periodo successivo, tra il 1995 e il 2020.
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In questa fase storica le cose sembrano cambiare. Scrive infatti: “La deviazione standard dell’errore (quanto era lontana la previsione dal valore effettivo) è 1,37%. Questa è la differenza tra il rendimento annuale previsto (il punto giallo) e il rendimento effettivo (il punto blu) ad ogni rapporto Shiller PE iniziale. In altre parole, il 67% delle volte il rendimento è stato più o meno 1,37% dalla previsione del modello CAPE; e il 95% delle volte il rendimento effettivo è stato entro il 2,74% dei rendimenti futuri previsti a 10 anni. La capacità di CAPE di prevedere i rendimenti futuri a 10 anni negli ultimi 25 anni è stata notevole.”
L’analista ci fa notare che al 20 luglio 2020, “l’S&P CAPE è 29,28 (NdR oggi 39,11). Il rendimento a 10 anni che possiamo aspettarci utilizzando il modello 1995-2020 è del 5,89%, con una probabilità del 67% che sarà compreso tra il 4,52% e il 7,26%. Nei prossimi 10 anni, un ipotetico rendimento azionario del 10% è esattamente tre deviazioni standard al di sopra di quanto previsto dal modello CAPE (5,89%). Se i rendimenti sono distribuiti normalmente, un rendimento S&P del 10% ha una probabilità dello 0,3% circa (ovvero una probabilità del 99,7% che non si verifichi). “
Non per niente l’analista cita Vanguard e il suo report in merito all’affidabilità dei vari metodi previsivi in cui il CAPE Shiller ne esce abbastanza bene. L’analista poi aggiunge che come osserva lo studio Vanguard, il CAPE ha previsto solo il 43% della variazione dei rendimenti S&P a 10 anni tra il 1926 e il 2011. Ci si potrebbe aspettare che la recente prevedibilità del CAPE sia un’anomalia.
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Teniamo conto che il valore dell’indice SP500 il 19 luglio 2020 era pari a 3.255 punti circa, mentre oggi siamo sopra i 4.500 punti. Come abbiamo appena visto il CAPE era 29,8 mentre oggi è 39,11.
CONCLUSIONI.
Per anni ho creduto che questo indicatore potesse darmi una mano concreta, seguendo il brillante lavoro di un premio Nobel come il professor Shiller. In base alle risultanze dell’indice ho sempre pensato, fino al 2018, che valesse la pena costruire portafogli difensivi.
La conclusione a cui sono giunto è che nessuno è in grado di prevedere gli esiti futuri dei mercati finanziari, se non nel brevissimo periodo, e che le performance vengono dal mercato stesso e non dall’uomo e dalla sua abilità previsionale.
Rimane comunque interessante osservarlo perché ci può dare una serie di informazioni quanto meno a livello di traiettoria di lungo importante dimenticandoci di poterle sfruttare nel breve.
La prima l’abbiamo già vista e riguarda la definizione di aree di sottovalutazione del mercato azionario americano o di sopravalutazione. Ricordiamoci che entrambe le fasi possono durare anni prima che avvenga una decisa ripartenza o un brusco calo. A questo proposito pensiamo anche a quanto accaduto nel 2008 o nel 2020 con la crisi pandemica, sia in un senso che nell’altro.
Il secondo punto riguarda il mondo delle aspettative. Che rendimento di lungo termine dovremmo aspettarci in base al valore di CAPE Shiller ?
Ci aiuta anche in questo caso Michael Finke che sempre nel suo lavoro citato pubblica una tabella molto interessante in base alla quale regolarci:
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“Un investitore può prendere online l’attuale rapporto CAPE e fare riferimento alla tabella per stimare il rendimento atteso di un portafoglio azionario nei prossimi 10 anni. Per un intervallo di una deviazione standard, aggiungere più o meno 2% ai valori previsti per i periodi di tempo precedenti.”
Possiamo notare che il livello massimo di Shiller PE contemplato nella tabella è 34 mentre oggi siamo a 39,1. E’ possibile stimare il livello di rendimento atteso anche su questo livello perché mi pare una correlazione lineare.
Nel caso volessimo prendere in considerazione il periodo 1995 – 2020 e se fosse corretta questa lettura ci aspetteremmo un rendimento di circa lo 0,45%.
Vorrei poi concludere con un report più recente che ci può aiutare nel completare questa visione: il Credit Suisse Global Investment Returns Yearbook 2021.
In esso troviamo tanti spunti che possono essere riassunti in questa tabella che mette a confronto il contesto vissuto dagli investitori nel passato e quello che attende i nostri giovani. Nello stesso tempo i valori esposti nella parte di destra “World in the future Generation Z” potrebbero essere presi ad esempio come aspettative di rendimento per qualsiasi portafoglio che dovesse essere costruito da oggi in poi, indipendentemente dall’età del suo detentore.
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