L’inflazione può attendere di Andrea Mazzalai

Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff hanno scritto un libro che testimonia 8 secoli di follia finanziaria, non 10 anni ma 800 anni, concludendo che esperti e politici, banchieri centrali e economisti hanno sempre proclamato che “questa volta è diverso”, affermando che la situazione avesse poco a che fare con i disastri del passato, suggerendo che è l’errore più grande, le lezioni che la Storia ci insegna, vengono dimenticate.

Da sempre io cerco di utilizzare l’analisi empirica per cercare di comprendere meccanismi economici e finanziari difficili, dinamiche che anche se gli anni passano, si ripresentano puntuali all’appuntamento con la storia degli uomini. Che si tratti di mercati, valute, guerre commerciali, debito o inflazione, nulla cambia se non il contesto, perché l’uomo è sempre lo stesso.

Il grande economista J.K.Galbraith amava ricordare che come sempre nella storia competenza e capacità finanziaria e perspicacia politica sono inversamente proporzionali. La salvezza a lungo termine non è mai stata apprezzata dagli uomini di affari, dai politici se essa comporta adesso una perturbazione nel normale andamento della vita e dei propri interessi, auspicando quindi l’inazione al presente anche se essa significa gravi guai per il futuro. 

800 anni di storia ci raccontano che debito e inequità, enorme disparità di distribuzione della ricchezza sono dinamiche deflative, la misteriosa e ai più sconosciuta deflazione da debito, poco insegnata anche nelle università e nelle scuole di management.

L’analisi empirica suggerisce che, senza andare troppo indietro, negli ultimi 150 anni, 3 grandi crisi hanno devastato l’economia mondiale e nazionale, la Big Depression del diciottesimo secolo, la Great Depression e la grande crisi giapponese degli anni ’90.

Queste crisi, caratterizzate da ampia deflazione e crollo dei tassi, oltre che da aumento del debito, ci suggeriscono che sono necessari dai 42 anni della Grande Depressione agli attuali 30 anni del Giappone, per vedere un ritorno dei tassi al livello in cui erano prima della caduta.

Ricordo che l’esperienza deflattiva del Giappone è attualmente in corso. Ad oggi sono passati solo 12 anni, ripeto solo 12 anni dalla fine della Grande Recessione, la crisi subprime del 2008.

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Nessuno di noi è in grado di prevedere cosa accadrà domani, né io, né un premio Nobel, né la politica, né tantomeno le banche centrali che anno fallito immancabilmente tutti gli obiettivi di inflazione degli ultimi decenni, per non parlare delle bolle finanziarie, mai nessuno di loro è stato in grado di prevederne o comprenderne una.

Quindi se la Storia è maestra, 12 anni sono davvero pochi sia per vedere un consistente rialzo dei tassi, sia per osservare un ritorno definitivo dell’inflazione. 

Ma in parole povere cosa significa inflazione?

Si tratta dell’aumento generalizzato e soprattutto prolungato dei prezzi che porta alla diminuzione del potere di acquisto e quindi del valore reale di tutte le dinamiche monetaria.

Semplificando ancora di più, la paura che i prezzi scappino via, meglio comprare oggi quello che domani costerà di più.

Aumento generalizzato e prolungato dei prezzi non c’è fino a prova contraria, ma non c’è solo oggi, non esiste da almeno 12 anni, per non andare troppo indietro nel tempo.

Lo stesso Giappone nel 2014 sperimentò un balzo effimero dell’inflazione che passo dal livello deflattivo, ovvero sotto zero a quasi il 4 %, un balzo alimentato da un quasi raddoppio dell’IVA passata dal 5 all’8%.

In quello stesso periodo le meraviglie della politica monetaria e fiscale, quantitative e qualitative easing, controllo della curva dei rendimenti, investimenti in infrastrutture e via dicendo fecero gridare al miracolo. Peccato che i consumi crollarono di oltre il doppio delle aspettative per l’aumento dell’IVA e il reddito reale cadde di oltre il 6 %. Tempo un anno e l’economia giapponese era di nuovo in deflazione.

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Peccato che in molti fanno finta di non capire che maggiore liquidità non significa più inflazione, che le politiche monetarie di questi ultimi anni sono essenzialmente deflazionistiche, ovvero le banche centrali hanno contribuito a far esplodere il debito, soprattutto in rapporto al pil. 

Bastava osservare semplicemente la velocità di circolazione della moneta, non basta introdurre moneta nel sistema se questa circola solo a livello speculativo, se diventa debito infruttifero, se non circola nell’economia reale, la deflazione da debiti prevale.

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La recente esplosione dell’offerta di moneta M1 ovvero moneta fisica e depositi bancari, a sua volta ha prodotto altre leggende metropolitane sul rischio inflazione.  

Perché i depositi sono aumentati se il denaro oggi rende ZERO? 

La prima spiegazione è di carattere normativo, altra spiegazione riguarda la politica monetaria, il bilancio della FED, altre ancora gli switch tra depositi che formano M1 e M2, ma la sostanza è che la crescita dell’indicatore M1 è fortemente correlata alla crescita delle riserve generate dagli acquisti di asset della FED. 

Le riserve detenute dalle banche presso la FED sono attività. Più la Fed espande le riserve, più le banche devono vendere altre attività, mantenendo invariato il saldo e le banche hanno finanziato queste nuove attività aumentando le passività, ovvero i depositi che appunto rappresentano la massa M1. Come abbiamo spesso ricordato, i risparmiatori di fronte a tassi zero sui conti hanno preferito collocare i propri risparmi in conti di risparmio fruttiferi aumentando quindi M1 e di conseguenza l’aumento delle passività ha fatto salire l’indicatore M1, nessun mistero anzi la dimostrazione in più che il risparmio aumenta e non i consumi.  

A breve vedremo quali sono gli argomenti a favore dell’inflazione che girano e quali le leggende metropolitane veicolate. 

Al di là delle aspettative che spesso sono influenzate dalla speculazione che in questi ultimi mesi sta alimentando la leggenda del ritorno dell’inflazione facendo salire le materie prime senza alcun sostegno fondamentale sul principale motore di ricerca Google, il trend non evidenzia alcuna isteria particolare.

Certo la Fed e la BCE hanno come obiettivo da decenni il target del 2 % ci hanno provato in tutte le maniere, ci provano anche adesso, ma è una scommessa, figlia di un’illusione. 

Non dimentichiamoci che già prima dell’arrivo della pandemia un ciclo economico espansivo di oltre 12 anni era al termine e molti Paesi stavano sperimentando l’avvio della recessione.

Imponenti stimoli monetari e fiscali, svalutazione delle monete, vaccini che debelleranno la pandemia entro l’anno, rottura delle catene di approvvigionamento, aumento del risparmio e via dicendo. 

Non sono argomenti nuovi ma estremamente ripetitivi, la ripresa dell’inflazione è stata prevista almeno 20 volte negli ultimi 12 anni, ma certo questa volta è diverso. 

Fantasticando che entro l’anno la pandemia sparirà, in mezzo a varianti di ogni tipo, il rischio dicono loro è che ci potrebbe essere un’esplosione della domanda aggregata. 

Probabilmente in pochi hanno capito che nulla tornerà più come prima, ma soprattutto non hanno capito che il problema degli ultimi 12 anni a farla breve è stata la deflazione salariale, la perdita di potere di acquisto della classe media, non hanno compreso che la “deflazione buona” ha tenuto in piedi l’economia e credono di vedere miracoli con l’inflazione.  

Da ormai 20 anni siamo in mezzo a continue e persistenti esplosioni e implosioni deflattive, bolle finanziarie alimentate dalla politica facile delle banche centrali, bolle immobiliari, trend demografico in continuo declino, deflazione salariale cronica, deflazione tecnologica ma soprattutto deflazione da debiti, perché il debito è una metastasi che ogni anno erode la crescita. 

Uno dei cavalli di battaglia di chi prevede inflazione è che una volta esaurita la pandemia, l’accumulo di risparmio a causa dell’incapacità di spesa farà esplodere i consumi, dimenticando che questo risparmio è in gran parte dovuto alla mancanza di prospettive e soprattutto destinato al servizio del debito.

Un’altra leggenda metropolitana è quella che vede le aziende cercare di recuperare le perdite di fatturato e profitti di questi mesi, aumentando i prezzi. Ricordo solo che sino al mese di febbraio 2020, il problema da oltre 20 anni era la domanda e non l’offerta, ma come sempre questa volta è diverso. 

Per evidenziare la natura puramente speculativa di quello che sta accadendo basta dare un’occhiata alle dinamiche di aumento dei tassi nel settore governativo e corporate, soprattutto nel mondo della spazzatura aziendale, le aziende ad alto rischio, aziende zombies che stanno distruggendo il mercato.

Non solo la cosiddetta presunta efficienza dei mercati penalizza il debito sovrano e continua a premiare quello corporate, soprattutto junk con rendimenti assurdi, più bassi di quelli sovrani, come se ormai non dovesse più fallire alcuna azienda, società.

L’altra leggenda metropolitana che circola nei mercati è che gli stimoli fiscali in America produrranno un’accelerazione dell’inflazione. Peccato che nessuno conosce la storia o si sogna di studiare il passato.

Come riportato recentemente nell’ultimo manoscritto riservato a chi sostiene liberamente il nostro blog, Lacy Hunt, un eccellente economista che opera sul mercato obbligazionario da oltre 50 anni in grado di produrre performance spettacolari ai fondi della società di investimento che ha contribuito a creare, la Hoisington Investment Management’s ha cancellato in modo empirico le attuali illusioni dei mercati:

a) In pochi tengono conto della distruzione di ricchezza e reddito prodotta dalla pandemia;

b) Lo stimolo fiscale che i democratici e i repubblicani hanno messo in campo non è spesa per investimenti e quindi ha un moltiplicatore fiscale negativo, ovvero in parole semplici non produce crescita ;

c) Il moltiplicatore fiscale è negativo perché la spesa è principalmente finanziata dal debito e empiricamente produce un ulteriore freno all’attività economica;

d) La bassa produttività del debito sopprime la velocità di circolazione del denaro, rendendo difficile se non impossibile un’inflazione sostenuta. 

Ogni dollaro di debito aggiunto all’economia nel 1980 durante la Grande Inflazione, generava una crescita di 60 centesimi di Pil, ultimi anni nei quali la produttività del debito è aumentata. Nel 2019 siamo scesi a soli 27 centesimi di crescita per ogni dollaro di debito, ci vogliono circa 3,7 dollari di prestito per creare un dollaro di crescita economica e più aumenta il debito e maggiore è la deflazione da debiti. 

Il rapporto è in costante peggioramento, testimoniato dal collasso della velocità di circolazione della moneta, quanto può durare questa illusione?

A proposito di spesa pubblica e inflazione…

L’ultimo punto riguardante il tipo di spesa è importante, suggerendo che non tutta la spesa pubblica creata è uguale. Gli investimenti in infrastrutture fisiche, sanità, istruzione e altri programmi simili possono fornire una spinta a lungo termine al PIL in base al loro lavoro. Considerando i criteri di cui sopra per quanto riguarda gli Stati Uniti, è la nostra conclusione che i moltiplicatori fiscali statunitensi sono in realtà negativi per il tipo di spesa che non sia investimento.

Per quanto riguarda invece l’inflazione da asset, ovvero la speculazione sulle materie prime che nulla ha a che vedere con la domanda e i consumi che restano anemici, basta dare un’occhiata al grafico delle commodity, le materie prime. 

Osservate attentamente ciò che accadde dopo la crisi subprime e quello che sta accadendo ora. Sino a prova contraria abbiamo solo recuperato i livelli pre pandemia, null’altro. 

Per quanto riguarda invece le leggende metropolitane che circolano sulla rottura delle catene di approvvigionamento, torno a formulare il solito interrogativo.

Siamo in una crisi da domanda o di offerta? Il debito da sempre nella storia aumenta parallelamente alla crisi di domanda e non di offerta, l’offerta è tale che il crollo dei redditi e dell’occupazione ha bisogno del debito per essere sostenuta.

Certo ci saranno alcuni problemi in alcuni particolari settori, ma la stragrande maggioranza del mercato è afflitto da un eccesso di offerta. 

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Qualcuno scommette sul fatto che l’esplosione del risparmio una volta finita la pandemia, finirà per far volare i servizi e i consumi. 

Bene vediamo cosa suggerisce la storia recente senza scomodare secoli di storia.

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Partiamo da quanto è successo lo scorso anno, la pandemia ha costretto il Tesoro americano a finanziare direttamente i salari degli americani i quali hanno risparmiato nella prima fase sino a far salire il risparmio sino al 35 % per poi osservare con la riapertura un ritorno intorno al 13 %. 

Peccato che questa dinamica non abbia minimamente rilanciato i consumi.

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Gli effetti degli stimoli fiscali durano qualche mese e poi spariscono come neve al sole.

Un deputato americano o un senatore, non ricordo bene ha proposto di mandare a casa agli americani non 1400 dollari ma 10.000. Solo in questo caso incomincerei seriamente a preoccuparmi dell’inflazione, non degli spiccioli che gli americani ricevono per sopravvivere. 

Certo i soldi li hanno ricevuti tutti, almeno i primi sussidi, ma ora si inizia a parlare di limiti, gli stessi democratici vogliono porre dei limiti come è giusto che sia. 

Tra l’altro non dobbiamo dimenticare che gli anni tra il 2008 della crisi subprime e il 2021 sono stata caratterizzati dalla più alta dose di stimoli fiscali e monetari della storia, peccato però che nonostante questo la crescita media del pil americano è passata dal 3,5 % a sotto il 2 %, il che testimonia che il debito non è produttivo ma essenzialmente speculativo in questi tempi. 

E qui veniamo alle scommesse sui vaccini, direi che sono in un’unica direzione, la scommessa è univoca, entro l’anno la pandemia sparirà e nuovi ruggenti anni venti ci faranno compagnia. 

Ma davvero qualcuno è disposto a scommettere sull’efficacia di vaccini spesso inediti nella loro dinamica e composizione, in mezzo ad una totale disorganizzazione nella distribuzione e produzione. 

Ci vogliono anni per dichiarare l’efficacia reale di un vaccino, per essere messi in commercio e dopo sei mesi, abbiamo già il miracolo, senza sapere quali saranno gli effetti a medio e lungo termine. La fuori abbiamo tutto e il contrario di tutto, vaccini creati ovunque. 

Al 22 gennaio erano 237 i vaccini in corso di sviluppo, 16 nella fase 3, due autorizzati in Europa entrambi vaccini mRNA. Vaccini inattivati, vaccini vini attenuati, vaccini proteici ricombinati, basati sulla proteina spike, vaccini a vettore virale, DNA e appunto mRNA, tutti sono diventati esperti di vaccini. 

Comprendo il desiderio di liberare l’umanità da questo flagello, ma da qui a scommettere che tutto tornerà normale a breve ce ne passa. Molti lavori e occupazioni spariranno definitivamente o meglio le opportunità. 

Si potrebbe parlare di molto altro, so che sono rimasto come l’unico giapponese su un’isola deserta dopo la fine della guerra, l’unico a parlare di deflazione da debiti., l’unico a ricordare che la storia suggerisce tutt’altro, magari questa volta è diverso, ma non me la sento di scommettere quando c’è forse il 5 % delle probabilità che l’inflazione risorga definitivamente, non lo dico io, lo dice la Storia.

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