Mercato obbligazionario e mercato azionario: tra aspettative e FED di Salvatore Facineroso

Un detto sempre valido dice “Never fight the FED” (and the trend is your friend), quindi mai mettersi contro la FED e l’esperienza passata insegna.

Il 25 e 26 prossimo si riuniranno per decidere, a fronte anche dei dati di ieri e di oggi, quale strada seguire e come seguirla. Cercare di fare delle previsioni è, a mio avviso, una impresa molto ardua, perché, come spesso accade, la differenza non la farà la decisione, ma cosa Mr. Fed ci racconterà.

Da questo punto di vista ritengo più importante seguire il mercato e le indicazioni che lo stesso da, anche se vi è il problema di saper interpretare il “rumore di fondo”. Spesso l’errore di interpretazione è dietro l’angolo.

Le nostre aspettative, le aspettative degli operatori le sappiamo: sperare che l’inflazione rallenti, che la FED si fermi e, magari, faccia inversione ad U, che si possa evitare la recessione,…

Non sempre le aspettative, il mercato e la FED vanno a braccetto. Per questo motivo bisognerebbe sempre evitare di prendere delle scommesse basandosi esclusivamente sulla nostra presunta capacità di poter prevedere gli avvenimenti del futuro prossimo.

Lasciamo lavorare il mercato e, d’altronde, i rendimenti sono generati da esso.

Ci sono, in ogni caso, degli aspetti che vale la pena analizzare con occhio critico e razionale, aspetti che riguardano il mercato azionario, quello obbligazionario ed il rapporto tra questi due “indicatori”.

Il primo grafico si concentra in particolare sull’analisi della forza relativa tra l’etf SHY (tracking US Treasury 1-3 anni) rispetto all’etf TFLO (tracking US Treasury Floating Rate Bond), rispetto l’etf IEF (tracking US Tresury 7-10 anni) e, per terminare, rispetto all’etf TLT (tracking 20+ anni).

Come apparire evidente il mercato, in questo momento, predilige il Floating Rate rispetto al breve SHY e preferisce quest’ultimo rispetto al 7-10 anni ed al 20+.

Grafico a cura dell’autore elaborato utilizzando la piattaforma www.barchart.com

Il secondo aspetto che possiamo considerare è il rapporto tra l’indice S&P 500 ed il mercato obbligazionario.

Ad oggi l’Earning Yield (o rendimento degli utili) per l’indice in questione è del 3.91%. Generalmente viene usato il suo opposto, ovvero il gettonato P/E, ma l’EY è una metrica interessante in quanto ci dice quale è il return on investment. Il primo paragone che, quindi, si può effettuare è basato proprio sul ROI: se per l’indice azionario è del 3.91% i relativi Tbills a 3 e 6 mesi ed il Treasury ad 1 anno offrono un rendimento ben superiore al 5%.

Grafico a cura dell’autore elaborato utilizzando la piattaforma www.gurufocus.com

Un altro paragone, sempre tra l’indice S&P 500 ed il mercato obbligazionario prevede l’utilizzo della Forza Relativa. L’ishares GOVT, tracking del US Treasury Bonds e l’iShares AGG, tracking del US Aggregate Bonds.

L’analisi sostanzialmente ci fa notare che livelli eccessivi nel rapporto di FR, a favore dell’indice azionario, hanno comportato un rientro degli stessi. Questo rientro può avvenire attraverso due fasi distinte: a) l’indice corregge, mentre l’andamento del GOVT e dell’AGG può anche muoversi lateralmente (o salire); b) l’indice si muove lateralmente (o leggermente in salita) e i due ETFs obbligazionari salgono. In quale contesto stiamo operando? Difficile da dire. Ma gli eccessi si pagano e con un EY inferiore ai rendimenti dei Tbills qualcosa si potrebbe intuire.

Grafico a cura dell’autore elaborato utilizzando la piattaforma www.barchart.com

Uno sguardo al VIX è d’obbligo in quanto lo stesso viene spesso chiamato “l’indice della paura”.

Quando raggiunge livelli estremi (alti e bassi) è da mettere in cantiere la probabilità di un rientro nella media (concetto di Reversion to the Mean). Periodi di alta volatilità sono spesso seguiti da periodi di bassa volatilità. In ogni caso è importante notare che la Reversion to the Mean, come strategia, è condizionata da diversi fattori (per esempio la Reversion to the Mean si applica bene in un contesto di mercato bearish, ma meno bene in un contesto di mercato bulllish, dove sono da preferire altri approcci quali, per esempio, il puro trend following).

Di seguito il grafico del VIX che ci indica che siamo, naturamente, in un momento di bassa (forse troppo bassa?) volatilità e quello che è successo nel recente passato. Non è una questione di se, ma, semplicemente di quando.

Grafico a cura dell’autore elaborato utilizzando la piattaforma www.barchart.com

Per chiudere la serie di seguito il grafico che mette in relazione diretta il VIX con l’indice S&P 500.

Al VIX ho applicato una media mobile esponenziale a 10 periodi, in quanto mi permette di smussare il rumore di fondo. I numeri 1 indicano le situazioni di picchi e di valli che si presentano con interessante regolarità e che si scambiano di posizione.

Grafico a cura dell’autore elaborato utilizzando la piattaforma www.barchart.com

Le analisi di cui sopra sono, come sempre, soggette a possibili errori di interpretazione.

Ho cercato di offrire una valutazione su basi oggettive di quello che sono i valori espressi dal mercato obbligazionario, azionario, dal rapporto tra i due, dall’indice della volatilità ed dal rapporto con l’indice azionario.

Lascio al lettore la possibilità di trarre le conclusioni più coerenti con il quadro analizzato e proposto. Sottolineo comunque di tenere sempre presente il proprio profilo di rischio. Le “avvertenze” (disclaimer) che seguono debbono essere ritenute parte integrante dell’articolo.

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