Non buttiamo le batterie di Gianluca Gabrielli

L’importanza di un tema spesso lo si può desumere dalle dichiarazioni dei suoi detrattori. Anzi proprio i numeri crescenti del passaggio verso l’elettrico (non solo nel settore auto) iniziano a preoccupare chi, dopo aver trascurato e sottovalutato la portata del fenomeno, ha finalmente realizzato che la propria azienda, la propria attività, il proprio portafoglio investimenti, si trova dal lato sbagliato della barricata.

Cito alcune affermazioni quali esempi.

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Essendo queste le opinioni di persone che, generalmente, vengono catalogate come “esperti del settore” è naturale che il primo pensiero che scaturisce in chi li ascolta o li legge sia:
“ Non si può contraddire un esperto”.   
Se questo dovesse accadere, vorrei citare e ricordare l’episodio che vide coinvolto Steve Balmer, all’epoca CEO di Microsoft e sodale nello sviluppo della tecnologia di Nokia. Siamo nel 2007 e si sta parlando di Apple e dell’iPhone.  

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“Nokia vende milioni e milioni e milioni di telefoni, Apple ne vende zero! Nessuno comprerà mai un telefono spendendo 500 dollari: non ha nemmeno la tastiera, come si possono spedire le email?”


Questo aneddoto ci deve insegnare che sono proprio gli “esperti”, ossia le persone ben radicate nel presente, che vivono il loro successo nel presente, quelle che hanno più difficoltà ad immaginare il futuro. L’ angolo visuale di chi gestisce un’azienda di successo “oggi”, è naturalmente diffidente verso tutto ciò che può modificare lo status-quo.  Il successo di queste persone è che il “domani” sia uguale all’ “oggi”.

Quindi, continueremo a leggere articoli che ci diranno che la transizione elettrica impatterà negativamente sul pianeta a causa dei milioni di tonnellate di ferro e rame necessarie per assecondare la nuova tecnologia, tonnellate di emissioni prodotte per generare tutta l’energia elettrica. Chi scrive questo articolo ha ragionato fino a 3 anni fa, come lo studio di Ifo del 2019, come il CEO di Toyota, come Chris Harvey di Wells Fargo. Sono stato uno di quelli che canzonava Tesla come Steve Ballmer canzonava Apple.

Uno dei miei pensieri ricorrenti era chiedermi come potesse Tesla capitalizzare 50 bilion – ossia quanto General Motors – quando non stava vendendo neanche un centesimo delle auto?

Anche io ero caduto nell’ errore di pensare che l’elettrificazione nascesse da Tesla e non che Tesla fosse una conseguenza. Anche io pensavo, come Akio Toyoda (il CEO di Toyota), che l’elettrico fosse un fenomeno top-down, imposto a forza all’economia reale da esigenze ambientali, ma con nessun tipo di economicità; una moda lanciata da un influencer fantastico come Elon Musk.

Mi sbagliavo, e per capirlo mi è bastato avere l’umiltà di approfondire 2 grafici che vi ho proposti nell’articolo scorso:

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Quelle due curve mi hanno fatto capire che l’elettrificazione sarebbe stato un modello vincente per motivi economici e non per motivi ambientali. Ancora oggi quelle due curve sono una prima risposta, intuitiva, agli scettici: curve di costo che decrescono così rapidamente sono indicative di un calo esponenziale dei costi; di una minor pressione sulle risorse e non di una pressione maggiore. 

Entrando invece più nel dettaglio, chi vi parla di idrogeno, gas naturale, ibrido, chi vi dice che l’elettrico non ha futuro economicamente e/o ambientalmente ha sottovalutato due aspetti:

  • La transizione all’elettrico non è caratterizzata da un rapporto di sostituzione 1 a 1
  • La transizione all’elettrico è l’affermazione di un modello di economia decentrata rispetto a quella centralizzata.

Circa il primo punto uno degli aspetti più dibattuti riguardano le batterie. Le posizioni più severe sostengono che estrarre le materie prime che servono per la produzione di una batteria sia più inquinante dell’estrazione del petrolio che serve a far funzionare le auto tradizionali.

Prendiamo i dati pubblicati da Livent sull’impatto ambientale dell’estrazione di Litio:

Fonte: bilancio Livent 2019 – elaborazione a cura dell’autore

Livent nel 2019 ha prodotto 10mln di Kg di rifiuti su un totale Ricavi di 384 mln per una produzione di 2,6 kg di rifiuti ogni 100 dollari di fatturato.

Fonte: bilancio Occidental Petroleum 2019 – elaborazione a cura dell’autore

Occidental Petroleum, invece, ha prodotto 201.000.000 kg di rifiuti su un totale di 20.393 mln di ricavi e cioè 1 kg ogni cento dollari di fatturato.

In apparenza potrebbe sembrare che l’elettrico inquini di più, ma solo ad una lettura superficiale.
Infatti, quei 100 dollari di ricavi di Livent forniscono una componente alla batteria che durerà circa 15 anni. Viceversa il consumo del petrolio prodotto da Occidental Petroleum è annuale. I ricavi di Livent sono una grandezza di stock, quelli di Occidental Petroleum sono un dato di flusso. Per fare un raffronto dei rifiuti prodotti dobbiamo grossolanamente moltiplicare per 15 (vita di una batteria) il dato di Occidental Petroleum e paragonarlo a quello di Livent.

Se apportiamo questa rettifica, i dati che ho indicato mostrano chiaramente che l’attività estrattiva di petrolio è circa 7 volte più inquinante dell’attività di estrazione del Litio.
Come anticipato il rapporto di sostituzione tra elettrico e tradizionale non è unitario.

Se invece dei rifiuti prodotti volessimo considerare le emissioni, la società Boundeless Research and Analytics ha calcolato che dopo un solo anno di fruizione, il risparmio di emissioni dell’utilizzo della batteria copre le emissioni generate per la produzione delle medesime.

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Si potrebbe obiettare che quelle emissioni di cui alla tavola precedente di fatto rappresentano gran parte del costo implicito dello smaltimento degli idrocarburi: quelle emissioni (a cui andrebbero aggiunte polveri sottili ed atro) sono, infatti, ciò che resta dell’idrocarburo una volta utilizzato. Come sappiamo, le batterie, al contrario, una volta non più utilizzabili sulla nostra auto, vanno smaltite.

Arriviamo così alla seconda sorpresa: una batteria non muore mai. Potrà non essere più utile sulla nostra auto ma può avere una seconda vita!

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NB: In ordinata la capacità di erogare energia, in ascissa il numero di cicli di vita di una batteria (SoC sta per “State of charge”, stato di carica, ovvero il tipo di ciclo applicato alla batteria; DST sta per “Dinamic stress tests”, test di stress dinamico).

Il grafico ci mostra che il degrado, in media, tende a zero solo asintoticamente, e questo rende possibili varie applicazioni di riutilizzo. Propongo uno degli esempi più noti:

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The largest energy storage system comprising electric car batteries in Europe has been switched on today in Amsterdam, where it will help power the Ajax football team’s Johan Cruijff Arena.

Ed ancora.

Nissan said the new system “creates a circular economy for electric vehicle batteries”. The company’s energy boss, Francisco Carranza, said “re-purposing the batteries of Nissan electric vehicles can contribute to making the whole energy system more efficient and sustainable”.

E alla fine, quando, la nostra batteria sarà esaurita, forse tra 20 anni o più, il suo destino sarà quello di essere completamente riciclata a costi contenuti.

Già oggi esistono società in grado di riciclare i materiali in una batteria al 72% come si può leggere direttamente dal sito della Volkswagen:

“In 2020, a pilot recycling plant will be set up in Salzgitter, where the experience gained to date from research within the Group will be incorporated and applied in practical ways. Batteries can be recycled here as early as 2020 – initially 1,200 tons per year. This corresponds to 3,000 vehicle batteries. A further increase in capacity is envisaged for subsequent years. However, large quantities of battery returns are not expected until the end of the 2020s in any case”

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“Le batterie a cui non viene data una seconda vita verranno riciclate dal personale di Salzgitter. In questo processo, le singole parti della batteria verranno prima triturate, quindi il materiale verrà essiccato e setacciato, consentendo ai dipendenti di Group Components di estrarre la cosiddetta “polvere nera”. Questo contiene le preziose materie prime di nichel, manganese, cobalto e litio. Questi materiali devono poi essere separati singolarmente, dopodiché sono immediatamente nuovamente disponibili per la produzione di nuove batterie.”

“A lungo termine, il Gruppo Volkswagen si è posto un obiettivo molto ambizioso: riciclare il 97 per cento di tutte le materie prime. Oggi è del 53% e l’impianto pilota di Salzgitter porterà questa cifra al 72%. C’è ancora molta strada da fare prima di raggiungere l’obiettivo principale del 97%. “

Per chi invece volesse avere qualche numero in più sullo stato dell’arte della tecnica in materia di riciclo della batteria al Litio (LIB) raccomando la lettura dell’articolo al seguente link:

di cui riporto le conclusioni:

“La continua crescita nell’uso di batterie LIB per l’elettronica di consumo, i veicoli elettrici e lo stoccaggio elettrico della rete aumenterà la domanda di materiali critici come cobalto, litio e grafite.

L’aumento della domanda di veicoli elettrici sarà parzialmente ma non completamente compensato dai cambiamenti nella chimica LIB con un contenuto di cobalto inferiore e nuove chimiche degli anodi che utilizzano il silicio.

La concorrenza tra i produttori di apparecchiature originali per le scarse risorse ha evidenziato l’importanza del riciclaggio delle batterie a fine vita. Tutti i metodi di riciclaggio hanno dimostrato di essere economici ad alto volume con i prezzi attuali delle materie prime e la composizione della batteria.

Tuttavia, la catena di approvvigionamento inversa per ELV e LIB deve essere ottimizzata per realizzare appieno i vantaggi economici del riciclaggio. Il riciclaggio ha anche un impatto ambientale inferiore rispetto all’estrazione di materiali vergini. Il riciclaggio diretto potrebbe comportare meno energia ed emissioni rispetto alla pirometallurgia e all’idrometallurgia e può essere utilizzato per ricondizionare le vecchie celle per recuperare le polveri catodiche e anodiche pure che richiedono un trattamento minimo prima di reinserirle nelle celle. Precedenti studi sui costi suggeriscono risparmi sui costi che potrebbero raggiungere il 43% del costo dei catodi realizzati con materiali vergini.”

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Oltre al problema batterie, abbiamo anche alcuni osservatori che sottolineano, superficialmente, il potenziale impatto negativo sulle nostre città dello sforzo infrastrutturale per arrivare ad un mondo basato non sull’ oil ma sull’ elettricità: milioni di tonnellate di rame o di acciaio necessari per costruire pannelli, auto, cavi per elettrificare.

Anche in questo caso l’errore grossolano è ignorare che la transizione non segue un rapporto di conversione 1 a 1.

Le auto elettriche durano 3 volte di più e proprio per questo l’affermarsi dell’elettrico porterà ad una diminuzione della produzione annuale. Le mie stime dicono che già nel 2030 le auto prodotte saranno intorno ai 60 mln rispetto agli 80 mln attuali proprio perché quei 60 mln prodotti annualmente resteranno in circolazioni per circa 30 anni rispetto ai 12 attuali.

Tony Seba si spinge molto oltre.

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Ipotizza che anche grazie all’autonomous driving il numero di auto prodotte possa scendere dell’80% nei prossimi 5/10 anni. Quindi l’avvento dell’elettrico nell’ arco della vita del prodotto, richiederà, a tendere, dal 30% all’80% meno di acciaio rame ed altre materie prime, dato che le auto dureranno 3 volte di più delle attuali.

Per quanto riguarda la disponibilità di rame teniamo presente che non solo la rete elettrica è già esistente e capillare ma anche che il rame è un materiale sostenibile, che può essere riciclato in continuazione, senza perdere le sue caratteristiche originali. Oggi, circa il 45% della domanda di rame in Europa viene soddisfatta dal materiale riciclato. Riciclare significa usare solo 20% dell’energia rispetto all’estrazione mineraria del rame. Considerando che la quasi totalità del maggior rame presente in un’auto elettrica risiede nel rotore del motore elettrico (circa 50 kg) il riciclo di questa componente non sarà affatto difficile.

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