Qatar, la città non città.

Dal nostro inviato

La particolare configurazione della società del Qatar e lo sviluppo travolgente di questi anni, hanno portato ad un boom edilizio straordinario e allo sviluppo disordinato dei quartieri residenziali della città di Doha.

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La parte più signorile, quella del distretto economico e delle residenze di prestigio, si trova a nord e sconfina in mare aperto dove sono state create delle isole artificiali per edificare ville e condomini di lusso, sul modello di Dubai ed Abu Dabi. La parte meridionale della città è invece quella più popolare, anche se dignitosa, dove vive la gente che lavora. Questo distretto non ha ricevuto le attenzioni degli architetti di grido ed è cresciuto con l’unico obiettivo di occupare tutti gli spazi disponibili in ottica puramente speculativa. La necessità di creare abitazioni a prezzi moderati per una popolazione prevalentemente maschile ha fatto sì che si siano trascurati gli elementi più basilari dell’urbanistica. I palazzi e le palazzine si susseguono disordinatamente senza lasciare lo spazio ad una scuola o ad uno spazio verde. I soli servizi a disposizione sono quelli funzionali al popolo dei lavoratori maschi ossia supermercati, ristoranti etnici a buon mercato, garagisti e barbieri. I negozi più raffinati si aggregano negli shopping mall mentre le fasce più popolari si accontentano del commercio minuto ed economico.

Un’altra categoria di servizio essenziale per il popolo di lavoratori immigrati sono le agenzie di cambio e di money transfer. Non è infrequente, specialmente nei primi giorni del mese, notare file disciplinate che aspettano il proprio turno per spedire i soldi a casa.

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Quindi chi vive nella zona popolare di Doha affronta ogni giorno un agglomerato concepito con la sola funzione di soddisfare i bisogni primari dei lavoratori senza offrire qualche opportunità di distrazione o di aggregazione sociale salvo piazzare un tavolino all’angolo di una strada trafficata dove giocare a carte con gli amici e mangiare un boccone.

I giovani, e a Doha ce ne sono tanti, si devono arrangiare per trovare uno spiazzo polveroso e assolato dove improvvisare una partita di volley o dove praticare il cricket. Dalla finestra del mio ufficio assisto ad interminabili partite su di un’area che ospitava un maxi-cantiere della metropolitana e che non è ancora stata presa d’assalto dalle ruspe per costruire qualche mega costruzione.

Per chi ha figli e famiglia la situazione è difficile. Ci sono le scuole, nella maggior parte dei casi, private, e qualche parco pubblico, ma la soluzione più a portata di mano è la strada trafficata e polverosa sotto casa dove i ragazzi si accontentano di girare in bici o improvvisare qualche gioco insieme.

I percorsi pedonali e le ciclabili non esistono nei quartieri popolari. Esiste una rete di bus urbani in corrispondenza delle fermate della metro ma la maggior parte della gente si sposta in macchina e parcheggia ovunque trova posto e specialmente sui marciapiedi. Uno che come me che si ostina ad andare a piedi, anche per fare un po’ di moto, deve regolarmente camminare sulla strada in quanto tutti i passaggi pedonali sono occupati dalle auto. Quindi le mamme con passeggini e i disabili motori non si avventurino da queste parti e facciano attenzione a restare nei quartieri alti.

Il luogo di aggregazione

Quindi in una città dove fra quartieri super- moderni e rioni popolari concepiti come dormitori non sono previsti spazi di aggregazione?

In massima parte è così. A causa del clima e del carattere del luogo la vita di società si svolge prevalentemente al chiuso negli alberghi e nei ristoranti di cui Doha abbonda. C’è però un luogo simpatico dove trascorrere un po’ di tempo dimenticando finalmente gli impegni lavorativi. Si tratta del Suq Waqif, ubicato nella parte centrale di Doha fra i quartieri alti e quelli popolari, in un’area affacciata sulla baia.

Fonte: archivio dell’autore

Solo qualche decennio fa il Suq era semplicemente il mercato della città costituito da edifici precari con affaccio diretto sulle strade non asfaltate battute dai venti e soffocate dalla sabbia. Ancora oggi è possibile vedere le foto scattate negli anni ‘70 che riprendono un luogo che non ha più niente a che vedere con quello che si vede dal vivo.

Il Suq di oggi riprende lo stile architettonico tradizionale ma in un contesto moderno e funzionale. Niente a che vedere con il colore e la tradizione di un Suq marocchino, infatti il colpo d’occhio dà più l’impressione del classico posto per turisti, però la sensazione è piacevole, l’architettura non è incombente, l’organizzazione è ben studiata e gli spazi permettono l’accesso e la circolazione senza imbottigliamenti. Il Suq è per definizione la sede dei commerci ma la sera, anche in periodo di Covid, si anima di gente che affolla i numerosi ristoranti che offrono tutte le cucine del pianeta.

Fonte: archivio dell’autore

In Qatar non esiste un artigianato locale e quasi tutto quello che si trova nelle botteghe è di provenienza iraniana. Una cosa interessante da vedere sono i negozi dove si vendono i falchi di cui i locali sono grandi estimatori. La sola domanda che mi sono posto è: come si fa a tenere un falco in casa?

Come gli altri luoghi frequentati dalla clientela che conta, anche il Suq è pulitissimo. Esiste un’organizzazione di addetti alle pulizie che si aggira in continuazione per le vie e i vicoli, dando la caccia ai pochi rifiuti abbandonati. A volte si ha quasi l’impressione che con gli occhi gli addetti ti implorino di lasciare in giro qualche cartaccia per giustificare la loro presenza.

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