Chissà quante volte anche a voi è capitato di attendere diverso tempo prima di intraprendere una determinata azione, accorgendosi poi, appena la si compie, di non aver scelto proprio il momento ideale. Anzi, bastava attendere un attimo in più e avremmo azzeccato il timing alla perfezione!
Sui mercati finanziari capita molto spesso, specie per quanto riguarda gli asset più rischiosi del portafoglio. Si pensa, si ripensa, si vedono i prezzi salire, si aspetta un momento in cui gli stessi possano perdere terreno per acquistare ad un valore più favorevole, il momento sembra non arrivare mai, la stanza sembra sempre più piccola, l’aria si fa sempre più rarefatta, la salivazione si azzera, l’occasione sembra sempre più ghiotta, gli amici hanno già acquistato tutti e non ci resta che farlo anche noi: vai!!!
Purtroppo alcune volte questo momento è accompagnato da una decisa inversione di tendenza. Avevamo appena sottoscritto il nostro investimento e di colpo esso ha perso valore, in maniera brusca e repentina come può essere il caso proprio di questi giorni.
Per fare una prima analisi partiamo da alcuni elementi certi:
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L’analista americano Jim Bianco ci fa notare che la giornata del 24 gennaio è stata alquanto particolare. Le quotazioni dei mercati azionari americani infatti- nel suo esempio si fa riferimento all’indice Dow Jones – hanno dapprima accusato un calo importante durante le contrattazioni, per poi chiudere la giornata in territorio positivo.
Se prendessimo come valore di riferimento il fatto che l’indice nella stessa giornata dapprima segni una perdita pari o superiore al 3,24 % e poi inverta la rotta e chiuda positivamente, scopriremmo che ciò è avvenuto solo altre 5 volte dal gennaio del 1987.
Si tratta quindi di 5 episodi anche se riferibili a 3 distinti momenti di crollo dei mercati azionari americani: il 1987, il 2008 (con successivi minimi a marzo 2009) e la recente crisi pandemica del 2020. Insomma un dato statistico non proprio ben augurante.
Lo stesso analista ci propone poi un indovinello riferendosi a quei tre momenti storici così drammatici per le borse, includendo l’attuale, chiedendoci di indovinare quale contesto monetario presentasse delle caratteristiche differenti:
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Quello diverso è proprio quello attuale.
In poche parole quei tre momenti del passato così difficili vennero risolti grazie ad imponenti misure monetarie, abbassando i tassi e/o iniettando liquidità nel sistema. Oggi invece siamo apparentemente di fronte a una situazione quasi opposta avendo la banca centrale americana già annunciato una serie di rialzi dei tassi (tre o quattro secondo le attese) e volendo ridurre la liquidità che viene messa sistematicamente già adesso (e dal 2008) nel sistema.
Anche Charlie Bilello, analista americano, completa il quadro statistico evidenziato da Bianco allungando il periodo di osservazione e riproponendo lo stesso studio ma dal 1962. Questa volta l’indice preso in considerazione è però lo SP500:
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L’analisi che si evince questa volta è però leggermente diversa. Questa infatti non va a misurare dapprima la perdita rispetto alla quotazione del giorno precedente (il meno 3,24 % dell’analisi di Jim Bianco), non cerca quindi questa premessa statistica, ma considera solo la variazione percentuale tra il minimo raggiunto dall’indice in una determinata seduta e la successiva chiusura di giornata. Mette quindi in fila tutte i dati positivi e li ordina in termini percentuali. Da questo punto di vista, le osservazioni sono molte e la giornata del 24 gennaio 2022 entra nella storia ma senza trasmetterci l’eccezionalità della precedente analisi.
L’analista evidenzia inoltre che la gran parte degli episodi, anche se non tutti, sono avvenuti all’interno della fase terminale di un ciclo ribassista.
Di nuovo Bilello ci fornisce altre casistiche. Per esempio va a misurare la frequenza con cui accadono i movimenti negativi dell’indice SP500 all’interno di una stessa seduta e prende poi in considerazione le perdite complessive dell’indice nelle fasi prolungate di ribasso. Anche in questa analisi si concentra sulla frequenza dell’evento.
Clicca sull’immagine per accedere alla fonte grazie ad Alberto Finassi Consulente Finanziario autonomo
Di nuovo in questo caso possiamo sostenere che siamo per ora nell’ambito dell’evento normale, ovvero di situazioni che sui listini azionari si presentano con una certa frequenza.
Certo a vedere questi dati emerge la rischiosità nel breve termine del detenere investimenti azionari. Lo stesso Bilello però ci aiuta fornendoci un preciso orizzonte d’investimento per consentirci si comprendere meglio i rischi connessi.
Clicca sull’immagine per accedere alla fonte: Data Sources for all charts here in: Bloomberg, YCharts, Compound.
Scrive l’analista: Al contrario, detenere azioni per 20-30 anni non ha mai prodotto un rendimento negativo, nemmeno per gli investitori che hanno acquistato al culmine nel 1929 e hanno detenuto durante la Grande Depressione. Date queste probabilità, gli investitori a lungo termine dovrebbero essere entusiasti quando le azioni vengono vendute e prima capitano i cali, meglio è.
Cliccando sull’ultima immagine potrete raggiungere il suo pezzo dal titolo Are You Investing or Merely Speculating? E scorrere molti altri grafici.
Sottolineo altri due suoi commenti.
L’evidenza è incontrovertibile: i grandi guadagni negli investimenti non si fanno nelle oscillazioni a breve termine ma nei grandi trend, che arrivano solo con pazienza e tempo. Più lungo è il tuo periodo di detenzione, più tempo hai a disposizione e più alti sono i tuoi rendimenti potenziali…
Ed ancora:
La vera abilità? Risparmiare e investire abbastanza a lungo da ridurre al minimo il ruolo della fortuna nel risultato finale. Questo, a differenza di guadagni fortuiti a breve termine, è un processo ripetibile.
Del resto il professor Bertelli ci supporta facendoci notare la distribuzione della performance dello SP500 dal 1926 ad oggi. Come si può notare può essere che sia partita una correzione importante e si possono scegliere gli anni in cui questa si sia concretizzata con le perdite più pesanti:
Clicca sull’immagine per accedere alla fonte, il post del professor Ruggero Bertelli su linkedin
Come vediamo, ci sono molti dati certi che ci aiutano ad avere fiducia ma solo nel lungo periodo, mentre per il breve termine non è altrettanto vero. Ma è così inusuale assistere a fasi e periodi preoccupanti?
Ancora Bilello prova ad aiutarci andando a misurare quante volte lo SP500 ha perso più di 5 % percentuali di fila:
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Sono ben 26 gli episodi con un calo medio del 7,6 %. Tenuto conto che successivamente ad ognuna di queste circostanze è poi seguito un nuovo massimo di mercato superiore a quello precedente, non possiamo che notare che questa volatilità fa parte del mercato ed anzi forse ne rappresenta la molla, la carica per il movimento successivo.
Certo è anche vero che a volte le cadute hanno bisogno di molti anni per poter tornare a far rivedere il valore all’investitore. Real Investment Advice, il mitico Lance Roberts, pubblicò qualche tempo fa un grafico sul Time to Recover dell’indice SP500: 13 anni. Furono infatti necessari 13 anni agli investitori che lo avevano acquistato nel 2000 per rivedere i prezzi del loro acquisto. Non è un dato ben augurante ma è un dato consapevole.
Clicca sull’immagine per accedere alla fonte www.realinvestmentadvice.com
Del resto il tema del tempo necessario per rivedere il valore di acquisto del nostro investimento è un aspetto spesso poco indagato, prevalendo le motivazioni positive del trend di turno da cavalcare. Credo che sarà un tema su cui torneremo parecchio per lo meno qui su www.morkemindy.com .
Bene dunque, per questa prima parte della riflessione è tutto.
La prossima settimana proseguiremo ad approfondire ulteriormente questo percorso.
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