Rally o crollo di fine anno? di Edoardo Ugolini

Il 2022 è stato l’anno peggiore per gli investitori dagli anni 70 del secolo scorso.

Tutte le componenti del portafoglio hanno contribuito negativamente: le obbligazioni, l’azionario e anche il monetario e l’oro. Unica eccezione il dollaro americano che si è apprezzato considerevolmente da inizio anno.

Neanche nel 2008 questo era avvenuto poiché se l’equity era sceso del 50% circa le obbligazioni avevano offerto un notevole riparo grazie ai tassi che erano scesi precipitosamente compensando le perdite sul comparto azionario.

Adesso, chi più chi meno, deve prendere una decisione su cosa fare in questo ultimo trimestre dell’anno.

In uno scenario inflazionistico i mercati trovano il loro equilibrio al picco dei tassi (e dell’inflazione) come fu negli anni ’70: fig. 1

Fig. 1 In un mondo inflazionistico i mercati rimbalzano al picco dei tassi (e dell’inflazione)

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Ci sono (almeno) due scenari davanti a noi un o molto pessimistico e uno, almeno tatticamente, ottimistico fig.2:

  1. L’inflazione continua a salire e le banche centrali sono costrette a mantenere la presa sui tassi e sulla liquidità del sistema, generando una recessione e di conseguenza i mercati scenderanno ancora. In questa ipotesi non si può escludere un SP500 intorno a 3100-3200 cioè -15% dai prezzi attuali (3650) e le obbligazioni ancora sotto pressione con il Treasury a 10 anni verso il 5% di rendimento. Insomma, ancora perdite consistenti sui nostri portafogli.
  2. I dati sull’inflazione mostrano un rapido raffreddamento grazie alla riduzione della domanda aggregata a sua volta innescata dalla riduzione del reddito reale disponibile (fig.3) e al contemporaneo aumento dell’offerta aggregata, grazie alla eliminazione dei colli di bottiglia generati dalle riaperture post pandemiche. Fig.4. Si ricordi infine che in un’economia “surriscaldata” la diminuzione di domanda aggregata porta un rapido decremento dell’inflazione senza una corrispondente contrazione del PIL. Fig.5

Fig. 2 Due scenari davanti a noi

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Fig.3 la domanda aggregata sta scendendo insieme al reddito reale disponibile

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Fig 4 I colli di bottiglia alla produzione sono finiti

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Fig.5 A full capacity inflazione scende più velocemente del PIL

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Su tutto non si può dimenticare che le banche centrali (e gli economisti!) sono agenti politici e che di conseguenza fanno quello che è “opportuno” e non tanto quello che è “necessario”. Siamo infatti in una situazione sociale e politica che richiede una mano leggera da parte delle banche centrali: le elezioni di mid term sono a novembre in USA e la situazione bellica in est Europa non permettono la richiesta di “sacrifici” (sempre agli stessi, sempre sacrifici?) alla popolazione.

Inoltre, alcuni dati confortano la visione dello scenario al punto 2.

In particolare, le componenti che più hanno influito sull’inflazione, i trasporti (energia), la componente alimentare e il settore legato alla casa (affitti, mobilio ecc.) sono in fase di discesa. (fig. 6 e 7).

Fig 6 Energy food e housing i principali fattori dell’inflazione

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Fig. 7 Le componenti Energy, food e housing in forte discesa

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Non si può infine dimenticare che buona parte dell’inflazione corrente non è dovuta all’aumento dei costi ma anche all’aumento dei prezzi da parte delle aziende e della rete di vendita, che dopo oltre 14 anni di disinflazione (e in Europa anche deflazione) non hanno esitato ad aumentare i profitti al solo ricorrere della parola “inflazione”. Fig. 8.

Fig. 8 inflazione anche da profitti delle aziende

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In questo quadro generale la ciliegina sulla torta per un finale d’anno più lieve sui mercati la mettono i dati di posizionamento degli operatori privati e professionali che sono “estreme”. Le opzioni l’indice AAII, (fig 9) e il market breadth (fig.10) mostrano chiaramente che un eventuale flusso di notizie positive sul fronte inflazione e di conseguenza da parte delle Banche Centrali prenderebbe di sorpresa il mercato amplificando il rimbalzo.

Fig. 9 Put call ratio e AAII sentiment estremi

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Fig. 10 Market breadth: 6 volte 20 anni a questi livelli (oversold)

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Infine il dollaro, che l’indice degli indici della liquidità del sistema, ha raggiunto livelli di guardia creando tensioni per esempio sugli High Yield e i CDX mettendo in allerta le Banche Centrali sul fatto che un allentamento delle condizioni finanziarie del sistema è urgente. Fig.11

Fig. 11 Il dollaro troppo forte è foriero di crisi potenziali

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Last but not least, per dirla all’inglese, le valutazioni fondamentali dopo la forte contrazione del 2022 già scontano una recessione leggera: anche questo fattore depone a favore di un ritorno all’ottimismo, Fig. 12

Fig. 12 Value is here

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Conclusioni

Nei mercati finanziari è necessario non avere un approccio dogmatico per cui bisogna tenere sempre un occhio aperto sull’evento alternativo a quello scelto.

Per sintetizzare con il grande investitore Stanley Druckenmiller nei mercati “bisogna avere forti convinzioni tenute debolmente”

Ogni scelta deve essere fatta nella maniera più oggettiva possibile, analizzando i dati fondamentali macroeconomici, le valutazioni fondamentali (memento: il prezzo è ciò che paghi il valore è quello che ricevi, Warren Buffet), il posizionamento di mercato, la analisi tecnica etc.

È normale avere, specialmente dopo un anno come questo finora, un bias cognitivo molto accentuato e la “voglia di rischiare” è certamente ai minimi: abbiamo i nervi a dir poco provati dopo nove mesi di ribassi continui e diffusi su tutte le asset classes.

Nonostante tutto le probabilità, alla luce della nostra analisi, sono a favore di un fine anno volatile, ma con un tono decisamente positivo. Il NASDAQ, per esempio, dai massimi ha perso il 35%, e beneficerebbe molto da un rilassamento sui tassi, per cui un rialzo da questi livelli del 25% lo porterebbe a chiudere l’anno a -20% circa. In un anno così difficile restare fuori da un movimento del genere sarebbe un vero peccato, ovviamente con una tolleranza della volatilità. Fig 13

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