Sentiment e mercati: è nato prima l’uovo o la gallina di Barbara Giani

Tutti coloro che operano sui mercati come professionisti o come investitori privati sanno che le oscillazioni degli indici finanziari sono legate non solo ai dati economici di paesi, aziende e settori ma anche, o forse soprattutto a umori ed emozioni che impattano e condizionano prezzi e trend in un’ottica di breve e medio termine. Paura e ottimismo sono ingredienti imprescindibili della giornata borsistica e costituiscono quello che in gergo viene definito come il sentiment dei mercati, ben difficile da evitare per tutti coloro che si ritrovano a fare i conti con le oscillazioni del valore dei propri investimenti. Eppure, questo costante rumore di fondo rappresentato da ciò che temiamo o da ciò che speriamo è un fattore di condizionamento costante che andrebbe analizzato preventivamente, per evitare le trappole che sovente ci possono ingannare.

La misurazione del sentiment oggigiorno viene affidata ad alcuni indicatori, alcuni molto semplici, altri un po’ più complessi, che traducono in semplici parametri se il mercato in un determinato momento ha paura o fiducia nel futuro. Tra questi uno dei più famosi è il Fear and Greed, elaborato dalla CNN e costruito sulla base di sette parametri tra i quali la volatilità, la domanda di attività rischiose quali azioni e junk bond, l’andamento delle opzioni e altri ancora. Lo scopo della raccolta di questi dati è quello di fornire un quadro di come si comportano gli investitori, ovvero di come essi agiscono se sono rialzisti o invece ribassisti. Andando sul link della CNN potete ritrovare questo grafico che ci restituisce una foto molto ottimistica dell’ultima settimana di mercato, quella conclusasi venerdì 9 giugno. La lancetta dell’ottimismo è di recente addirittura scivolata nello spicchio più a destra del semicerchio, quello dell’estremo ottimismo dopo un lungo periodo di neutralità.

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La linea del tempo di questo indicatore, riprodotta nel grafico sottostante in parallelo all’indice SP500, ci segnala infatti che il livello di 77 non si vedeva da ben oltre un anno. Se osserviamo più approfonditamente l’evoluzione di questo dato possiamo rilevare che spesso, in occasione del raggiungimento di livelli estremi, sia da un lato sia dall’altro, il mercato azionario si è poi mosso esattamente nel senso opposto.

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A fine estate 2022 ad esempio il sentiment era molto positivo, su livelli vicini a 70, ma da allora lo SP500 scese dai 4.200/4.300 punti fino ai 3.600 punti di ottobre, momento in cui il sentiment crollò sotto i 25 punti. Inutile dire che da ottobre 2022 lo SP500 riprese a salire con vigore, ritornando sopra i 4.000 punti. Se seguite in parallelo l’andamento del Fear and Greed e dell’indice americano potete osservare lo stesso fenomeno anche quest’anno. A febbraio 2023 il sentiment ha toccato livelli record a 82 quando lo SP500 era vicino ai 4.200 punti; eppure da quel momento e per tutto il mese di marzo il mercato è solo sceso tornando a 3.850 con un indice fear and greed sentiment crollato a 25.

A questo punto è lecito chiedersi: è nato prima l’uovo o la gallina? Cioè: è il sentiment a guidare il mercato o è il mercato che guida il sentiment? E se è vera la seconda ipotesi che ci importa di sapere dove sta il sentiment? Un utilizzo intelligente di questo indicatore potrebbe essere invece quello contrarian, ovvero essere così bravi e freddi da fare ciò che il leggendario Buffet sostiene da una vita: essere coraggiosi quando (quasi) tutti hanno paura, e invece timorosi quando gli altri sono galvanizzati.

Un altro indicatore molto interessante è il AAII Sentiment Indicator per il quale esiste una banca dati di oltre 35 anni. L’Associazione Americana degli Investitori Individuali effettua un sondaggio settimanale in cui pone ai suoi associati una semplice domanda: dove sarà per voi lo SP500 tra sei mesi?

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Questa immagine mostra nella prima riga come hanno risposto gli iscritti all’associazione questa settimana: per la prima volta dopo oltre un anno sembra tornato l’ottimismo con un 44,5% degli intervistati che si dichiara positivo per il prossimo semestre.

Un altro dato interessante è quello relativo all’ultima riga in basso dell’immagine, quella relativa a 1 year bearish High ovvero quando si è verificata la maggior percentuale di pessimisti nell’ultimo anno. Proprio nella settimana di fine settembre 2022 con lo SP 500 a ridosso dei 3.600 punti. E’ curioso dirlo ma sei mesi dopo, a marzo 2023, lo stesso indice aveva recuperato i 3.900 punti (ovvero quasi il 10% dai minimi) mentre oggi, come sappiamo tutti, veleggiamo addirittura a ridosso dei 4.300 punti.

Immagine a cura dell’autore ricavata da www.investing.com

Chi opera sul mercato sa perfettamente cosa significhi respirare livelli estremi di pessimismo o, al contrario, di ottimismo.  Coloro che non sono è più giovanissimi ricorderanno certamente quale fosse il sentiment degli operatori e degli investitori durante la cavalcata dei titoli nel periodo della bolla internet del 1999/2000 e poi dopo nella successiva caduta in recessione del 2001. E poi chi non ha vissuto l’euforia che portò all’ascesa irresistibile ascesa del 2006/2007, seguita dallo smarrimento che permeò il biennio successivo? La crisi del 2008/2009 è stata battezzata dalla stampa anglosassone “the great recession”, la grande recessione, e già con questo termine compare nei libri di economia dei testi universitari.   

Nel marzo del 2009, indicato nella freccia blu nel grafico sottostante, secondo l’indice AAII la percentuale di operatori che si dichiarava ribassista sul successivo semestre dell’azionario americano raggiunse percentuali addirittura superiori al 70%. Come poi sia andata è illustrata dal grafico sottostante che traduce in modo inequivocabile ciò che contraddistingue la storia dalla cronaca.

Immagine a cura dell’autore ricavata da www.investing.com

Per onestà intellettuale è doveroso sottolineare che non esiste una correlazione stabile tra sentiment e mercati e che, come abbiamo ipotizzato prima, spesso non è semplice separare la causa dall’effetto.

Queste considerazioni dunque non fanno che confermare che in assenza di una relazione misurabile tra aspettative degli operatori e futuro andamento dei listini, tanto vale astrarsi dal sentiment come aspetto rilevante in base al quale valutare se sia saggio investire o meno in determinati contesti di mercato. Come spesso abbiamo sottolineato, investire è un processo di lungo periodo che mira, attraverso la diversificazione degli asset, a capitalizzare la crescita economica mondiale attraverso un portafoglio equilibrato e personalizzato sulla propria propensione al rischio.

Cadere nel tranello delle emozioni è il peggior rischio che si possa correre per incappare negli incidenti di percorso che rimangono confinati a periodi molto limitati della cronaca rispetto al possente flusso della storia. Conoscere questi dati in anticipo non può che proteggerci da comportamenti sconsiderati in futuro.

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