Gli indici azionari ci permettono di valutare sinteticamente cosa succede sul mercato azionario. Perfetti o meno, ci danno delle informazioni che però talvolta necessitano di essere analizzate più in profondità… nel dettaglio. D’altra parte, gli indici, tecnicamente parlando, sono delle medie. E come tutte le medie, possono essere soggette all’effetto Trilussa (che aveva sarcasticamente evidenziato che, se qualcuno mangia un pollo, e qualcun altro no, in media è stato mangiato mezzo pollo a testa).
Per questa ragione possiamo dire che quest’anno gli indici azionari sono cresciuti, ma il mercato azionario molto di meno.
Infatti, la maggior parte degli indici azionari sono costruiti come media ponderata per la capitalizzazione dei titoli (value weighetd). Pertanto, i titoli con maggior capitalizzazione hanno un peso maggiore nella media e quindi nell’indice.
Il grafico sottostante, pubblicato già diverse volte negli ultimi tempi (in vari modi e stili), rappresenta l’indice S&P 500 (linea nera). Mentre la linea rossa, più bassa, rappresenta lo stesso indice, ma dove ogni titolo viene pesato nel calcolo per 1/500 (equally weighted – che poi in realtà, se vogliamo essere precisi, sarebbe 1/503, visto che nell’indice S&P500 il numero dei titoli attualmente presenti corrisponde a 503 e non a 500).

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Come possiamo ben vedere l’indice S&P500 è ben superiore di un 9% rispetto alla sua versione equally weighted. La ragione è dovuta al fatto che le aziende ad alta capitalizzazione sono salite molto di più rispetto alle altre. I “Magnificent Seven”, come vengono chiamate in USA le sette aziende ad alta capitalizzazione che nel 2023 hanno creato performance importanti (Apple, Microsoft, Nvidia, Amazon, Meta, Tesla e Alphabet), hanno alzato l’intero indice S&P 500, ma hanno spiazzato il mercato dell’investimento finanziario. Infatti, se un fondo azionario non fosse stato sovrappesato su questi titoli, avrebbe avuto perfomances molto più simili all’indice S&P 500 equally weighted. Inoltre, molto ha giocato nell’ultimo periodo, anche il fattore dell’intelligenza artificiale, dove vediamo il suo massimo rappresentato nella società Nvidia.
Nell’indice S&P 500, i primi dieci titoli pesano per un 30,5%, contro un valore storico medio del 20%. Nel Nasdaq le cose non vanno certo meglio, visto che i “Magnificent Seven” al 3 luglio pesavano per più del 50% dell’indice. E proprio in tale data è scattata la clausola del ribilanciamento straordinario dell’indice, che viene applicata quando la somma dei titoli con un peso superiore al 4,5% supera il livello del 48%. Quindi l’industria del risparmio gestito è obbligata a ribilanciare tutti i prodotti passivi che seguono questi indici. Solo l’Etf QQQ ha in gestione 200 miliardi di USD e vanno scaricati diversi miliardi dei sette titoli a favore di acquisti verso gli altri più sottopesati. Il ribilanciamento entra in vigore il 24 luglio. Già si sono visti gli effetti in questi ultimi giorni, anche se è dai primi di giugno che l’indice equally weighted sta recuperando terreno, come possiamo vedere nel prossimo grafico.

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E che succederà dal 25 luglio? Qui sotto un altro grafico che permette di valutare quanto gli incrementi dell’indice S&P 500 siano legati alla percentuale delle aziende con i prezzi sopra la media mobile a 200 giorni che lo compongono.

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Il livello attorno a 75, dove si trova attualmente l’indicatore, fa un po’ da spartiacque. Negli ultimi 5 anni ogni volta che l’indicatore è arrivato attorno a questo livello abbiamo avuto in 10 casi la formazione di un massimo di mercato, ed in due casi una continuazione del mercato rialzista. Con buona pace di Trilussa!
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