Swensen: un Portafoglio leggendario

Nel nostro percorso di scoperta e studio dei portafogli c.d. “Lazy” ci occupiamo oggi di un portafoglio classico molto conosciuto, così conosciuto da essere diventato una leggenda insieme al suo gestore a cui deve il nome: il portafoglio Swensen.

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Prima di proseguire rinfreschiamo i concetti che sono alla base di questo percorso e dei portafogli che incontreremo.

Per quanto ci si sforzi di analizzare i dati statistici, per quanto ci si sforzi di tirare linee su grafici che rappresentano gli andamenti di questo o di quel titolo o indice è intuitivamente evidente che nessuno è in grado di prevedere con certezza e con persistenza nel tempo, il futuro. È altresì evidente che a questa incertezza è legato il rischio corso nell’investire, rischio inteso come possibilità di sbagliare con conseguenze economiche non trascurabili. Possiamo conoscere in dettaglio il passato ma siamo pressoché ciechi davanti al futuro.

Non potendo prevedere con certezza il futuro, per evitare o ridurre al minino gli errori possiamo immaginare che in futuro incontreremo uno qualsiasi degli scenari economici del passato.

Alla base di questa affermazione c’è la considerazione che, qualunque cosa possa accadere in futuro, il mondo, inteso come consorzio umano, continuerà inesorabilmente a crescere, fosse anche dopo un violento crollo. Qualunque cosa possa succedere, gli uomini continueranno a consumare cibo ed altri beni e servizi e ci saranno aziende che produrranno quei beni ed erogheranno quei servizi.

Gli scenari economici possibili sono:

  1. Espansione economica
  2. Recessione
  3. Inflazione crescente
  4. Deflazione

Non potendo prevedere con certezza il futuro, possiamo soltanto costruire un portafoglio in grado di fare bene in qualsiasi scenario ci si trovi.

Gli studi di Daniel Kahneman e la nostra esperienza diretta, ci ricordano che la perdita è più dolorosa della soddisfazione derivante dal guadagno. L’idea centrale di questi portafogli è quella di proteggere innanzitutto il patrimonio investito ed ottenere un rendimento soddisfacente come risultato secondario.

La differenza, spesso dimenticata, tra speculazione (o scommessa) ed investimento sta nel fatto che mentre la prima è legata ad un episodio, ad un evento più o meno fortunato, l’investimento è un processo che dà sempre un risultato positivo a patto che si rispettino i tempi del processo.

La filosofia di questi portafogli non è quella di intercettare le opportunità migliori (scommessa) ma di raccogliere i frutti della lenta ed incessante crescita economica del mondo. Questi portafogli sono indicati per un approccio “Life Strategy”.

Questi portafogli sono detti “Lazy” perché non necessitano di continua manutenzione; una volta impostati vanno ribilanciati periodicamente per ritornare all’asset allocation iniziale ed accompagnare così il portafoglio nei suoi ritorni alla media.

Ma entriamo ora nel vivo dello Swensen Portfolio.

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Un po’ di storia

David Swensen, classe 1954, è stato il Chief Investment Officer dell’Università di Yale dal 1985 fino alla sua morte avvenuta lo scorso 5 maggio 2021.

Investitore istituzionale a Wall Street con caratteristiche “value” (analogamente a Warren Buffett da cui si distingue per alcune differenze peculiari), lascia il dorato mondo di Wall Street per andare a gestire il fondo di dotazione dell’Università di Yale (endowment).

Benché fosse già considerato un genio della finanza a Wall Street, sono i risultati ottenuti a Yale che lo hanno fatto diventare una leggenda.

Inventò il c.d. “modello Yale” che fu subito rivoluzionario nel mondo degli endowment di allora, abituati da sempre a portafogli 60/40 con predominante componente domestica. Sotto la sua guida, il patrimonio di Yale passò da circa un miliardo del 1985 ad oltre 42 miliardi del 2021 e per questa ragione ha fatto proseliti non solo nel mondo universitario ma anche a Wall Street.

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L’idea centrale del “modello Yale” era di ottimizzare il profilo di rischio del portafoglio con il bilanciamento di asset class diverse tra loro ed in grado di reagire in modi differenti alle sollecitazioni dei mercati offrendo quindi rendimenti differenti. Grazie a questo approccio, Swensen superò l’home bias portando l’esposizione al mercato domestico da oltre il 75% al 10% circa. 

La filosofia di investimento prevedeva un’asset allocation ampiamente diversificata (a differenza di Warren Buffett che considera la diversificazione l’alibi degli ignoranti) tra asset class diverse, tra titoli domestici ed esteri e strumenti non convenzionali quali gli hedge funds, private equity e venture capital.

Un secondo aspetto caratterizzante dell’approccio di Swensen è la diversificazione temporale; sulla base del concetto che un’istituzione come Yale (ma anche il portafoglio di un investitore con prospettiva “Life strategy”) ha una prospettiva di lungo periodo e quindi l’endowment deve durare a lungo, idealmente tutta la vita, Swensen adottó una diversificazione nel tempo per obiettivi. Secondo Swensen, il lungo orizzonte temporale della fondazione Yale è “… particolarmente adatto per approfittare di mercati illiquidi ed inefficienti come il venture capital, il leveraged buyouts , le materie prime ed il real estate”.

Un ulteriore aspetto caratterizzante dell’approccio del leggendario manager di Yale è nascosto tra le pagine del suo secondo libro (Unconventional Success: A Fundamental Approach to Personal Investment)

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Questo libro appartiene al canone della letteratura sugli investimenti ed è assolutamente necessario leggerlo se si vuole imparare ad investire.

“Quando guardi i risultati al netto delle commissioni, al netto delle imposte, per periodi di tempo ragionevolmente lunghi, non c’è quasi alcuna possibilità che tu finisca per battere il fondo dell’indice”. 

David Swensen ha in mente l’interesse dell’investitore medio. È noto per aver denunciato commissioni di investimento senza scrupoli e pratiche di investimento corrotte. È un forte sostenitore dei fondi indicizzati a basso costo.

La sintesi del libro di Swensen è: in mercati complessi, dominati da strumenti complessi, è da pazzi pensare di farcela da soli, ma bisogna confrontarsi con gli esperti.

La filosofia di Swensen e del suo portafoglio è sintetizzabile con un’ampia diversificazione, controllo del rischio ed elogio della pazienza.

 

Il portafoglio 

Diamo un’occhiata a come David Swensen ha costruito un portafoglio ad alte prestazioni che prende il meglio dal modello Yale Endowment.

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L’asset allocation del portafoglio modello (con riferimento ad un investitore americano) prevede:

  • 30% Azionario US (total market)
  • 15% Azionario “All-World” ex-USA
  • 5% Azionario Paesi Emergenti
  • 20% REITs
  • 15% Titoli di Stato a medio termine
  • 15% TIPS

Nella versione originale la quota obbligazionaria prevedeva il 30% di titoli di Stato a medio; solo in una successiva revisione (rif. Il libro di cui sopra) Swensen ha diviso l’obbligazionario in 15% a medio e 15% TIPS. Successivamente, per completezza, Swensen ha spostato un 5% da REITs ad Emerging Markets. 

A proposito della quota TIPS, va ricordato che questa asset class ha la funzione di proteggere il portafoglio da livelli di inflazione diversi da quelli previsti e scontati nei mercati e non di proteggere tout-court da livelli di inflazione crescente.

Come si è comportato questo portafoglio leggendario dal 1970 al 2020?

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Al netto dell’inflazione (americana) ed al lordo di commissioni e tasse, il portafoglio ha realizzato un rendimento medio annuo del 6,5% con una volatilità pari al 11,2%. Questo portafoglio ha perso denaro nel 24% del tempo (12 volte su 50).

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Il peggior Drawdown è durato 10 anni ed ha avuto una profondità del 35%.

Interessante il grafico che mostra i rendimenti annui composti (CAGR) su 15 anni rolling, cioè se avessi investito ogni anno dal 1970 al 2005 e mantenuto l’investimento per 15 anni

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Mai in negativo su un arco di 15 anni (l’adeguato tempo necessario al processo di investimento) con un risultato massimo di 10,49% per chi, avendo iniziato l’investimento nel 1983, ha chiuso l’investimento nel 1998. Risultato minimo di 2,63% per chi, avendo iniziato nel 1970 ha chiuso l’investimento nel 1985.

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Se restringiamo il periodo a 10 anni, osserviamo un solo periodo negativo (per chi ha iniziato l’investimento nel 1973 e lo ha chiuso nel 1983) ed un solo periodo senza nessun risultato (per chi ha iniziato nel 1972). Massimo risultato con 11,09% per chi, avendo iniziato l’investimento nel 1982, ha chiuso l’investimento nel 1992. Risultato minimo, come si è detto, con -0,16% per chi, avendo iniziato nel 1973, ha chiuso l’investimento nel 1983. Tutto sommato non male considerando i 2 tremendi crolli, e relativi market bear, del 2000/2002 e del 2007/2008.

Come abbiamo visto, questo il comportamento del portafoglio secondo il mercato (e l’inflazione) americano. Vediamo come si è comportato in relazione all’inflazione italiana.

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Al netto dell’inflazione (italiana) ed al lordo di commissioni e tasse, il portafoglio ha realizzato un rendimento medio annuo del 5,5% con una volatilità pari al 14,9%. Questo portafoglio ha perso denaro nel 31% del tempo (15,5 volte su 50).

 

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Il peggior Drawdown è durato circa 15 anni ed ha avuto una profondità del 46%.

Il grafico che mostra i rendimenti annui composti (CAGR) su 15 anni rolling, cioè se avessi investito ogni anno dal 1970 al 2005 e mantenuto l’investimento per 15 anni, mostra dati interessanti seppur diversi da quelli americani.

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Analogamente allo scenario americano, anche in questo caso il portafoglio è mai in negativo su un arco di 15 anni (l’adeguato tempo necessario al processo di investimento) con un risultato massimo di 11,33% per chi, avendo iniziato l’investimento nel 1983, ha chiuso l’investimento nel 1998. Risultato minimo di 0% per chi, avendo iniziato nel 1970, ha chiuso l’investimento nel 1985.

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Se restringiamo il periodo a 10 anni, osserviamo 5 periodi negativi (su un totale di 50 periodi) per archi temporali di 10 anni. Massimo risultato con 13,76% per chi, avendo iniziato l’investimento nel 1991, ha chiuso l’investimento nel 2001. Risultato peggiore con -5,30% per chi, avendo iniziato nel 1970, ha chiuso l’investimento nel 1980. Anche in questo caso, seppur in misura diversa, il quadro generale non è male in considerazione dei periodi Bear del 2000/2002 e del 2007/2008.

Considerazioni finali

David Swensen, come abbiamo visto, è diventato una leggenda nel modo della gestione finanziaria grazie agli straordinari risultati ottenuti nella gestione della dotazione della fondazione di Yale (endowment). Tuttavia occorre ricordare che Swensen aveva accesso a strumenti disponibili solo per grandi istituzioni pertanto il suo modello potrebbe apparire come non applicabile all’investitore individuale.

A questa lacuna lo stesso Swensen pose rimedio con la pubblicazione del suo secondo libro, sopra citato, con cui andò oltre la “semplice asset allocation” esortando gli investitori a riprendere il controllo dei propri investimenti mobiliari e non lasciarli troppo passivamente al sistema finanziario che non ha propriamente, come priorità, il loro interesse.

Una cifra caratteristica di questo portafoglio è l’importante allocazione in REITs, non sempre abbracciata da gestori e consulenti pur essendo uno dei motori della crescita costante di questo portafoglio ed un buon scudo di protezione nei momenti negativi. L’equilibrio tra azionario, obbligazionario e beni reali è il vero “trucco” che fa funzionare questa strategia.

I dati ci mostrano che questo portafoglio non genera rendimenti fugaci, magari anche importanti, ma decenni di crescita sostenibile. Per questa ragione ben si adatta ad investitori senior, con un buon patrimonio a disposizione, con un orizzonte temporale lungo.

Infine vorrei sottolineare come, in questo caso come anche negli altri portafogli classici o “Lazy”, si tratta di portafogli modello; non vanno presi sic et simpliciter ma adattati ed attualizzati al contesto ed ai tempi dell’investimento. Questa è un’operazione che richiede studio accurato ed approfondito delle asset class, delle loro correlazioni nel tempo e degli impatti sul portafoglio. Si tratta di operazioni che richiedono competenze specifiche; a questo dovrebbe servire un Consulente Finanziario e non semplicemente a vendere illusioni o speranze impacchettate in strumenti finanziari (magari anche costosi).

Bonus 

Chi volesse approfondire la conoscenza di David Swensen (e avesse una buona pratica della lingua inglese), di seguito trova una lezione dello stesso Swensen, della durata di 1 ora, introdotta dal premio Nobel Robert Shiller. Può sembrare un po’ ostica ma ne vale la pena.ear

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