Vuoi curarti? Paga! di Filippo Donati

L’articolo 32 della Costituzione recita:

“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.”

L’articolo in sé è molto sintetico, ma esprime tanti concetti importanti: il diritto di cure agli indigenti ma anche l’idea della mutualità. Con l’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale, nel 1978 con la legge 833 del 23 dicembre, lo Stato ha ribadito i principi della universalità, uguaglianza ed equità nella gestione del sevizio sanitario. In particolare universalità vuol dire proprio estendere a tutta la popolazione, senza distinzione di fascia sociale o censo, le medesime prestazioni sanitarie. La salute oramai è intesa non solo come bene individuale, ma risorsa per tutta la comunità.

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Il SSN si occupa di garantire a tutta la popolazione i livelli essenziali di assistenza, tramite una organizzazione capillare sul territorio nazionale di cui fanno parte Aziende sanitarie locali, Aziende ospedaliere e strutture private convenzionate con il SSN.

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Il finanziamento del servizio sanitario nazionale

Ma come viene finanziato il fabbisogno sanitario nazionale?  Il SSN è finanziato dalle seguenti fonti:

  • entrate proprie degli enti del SSN, quali i ticket e i ricavi derivanti dall’attività intramoenia dei propri dipendenti;
  • fiscalità generale delle regioni: IRAP (nella componente di gettito destinata alla sanità) e addizionale regionale IRPEF.

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Secondo quanto riportato dai dati ufficiali della documentazione parlamentare, in visione sul sito della Camera, il livello del fabbisogno sanitario nazionale è stato fissato dalla legge di Bilancio 2022 (L. n. 234/2021) in:

  • 124.061 milioni di euro per il 2022,
  • 126.061 milioni di euro per il 2023,
  • 128.061 milioni di euro per il 2024.

Come si nota dalla tabella, tra il 2019 e il 2020, la spesa sanitaria ha avuto un balzo in avanti, spinta proprio dall’emergenza COVID-19. Si nota che per il triennio 2019-2021, la legge di bilancio aveva fissato il livello del fabbisogno a 114.474 milioni di euro.

Cosa ci ha lasciato il Covid-19

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L’emergenza Covid-19 ha contributo all’incremento della mortalità negli anni 2020 e 2021, con un impatto pari a più di 100.000 morti l’anno, rispetto alla media dei cinque anni precedenti (2015-2019). Nonostante, dunque, un SSN efficiente e finanziato con ingenti risorse, l’impatto della Pandemia da SARS-CoV2 è stato molto pesante per il nostro paese. Dobbiamo chiederci cosa sarebbe successo, se l’Italia non avesse potuto contare su un sistema così strutturato e capace di gestire un evento così estremo. Non dimentichiamo che in meno di due anni sono state somministrate più di 145 mln di dosi di vaccino, ad esempio.

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L’idea che i cittadini hanno del SSN è una struttura diffusa sul territorio, ma con delle gravi disuguaglianze da regione a regione, i cui servizi sono quasi del tutto gratuiti, ma con dei tempi di attesa delle prestazioni anche più elementari del tutto inaccettabili. 

La situazione

Leggendo Dataroom del Corriere della Sera del 6 febbraio 2023, uno dei problemi maggiori della Sanità, sono le visite e gli esami sanitari che sono stati rimandati per una serie di motivi, nel 2020 e 2021. È chiaro come gli ospedali, le strutture sanitarie fossero inaccessibili o impegnate in altre attività, come la gestione di una pandemia, ma del resto anche coloro che necessitavano di una visita tendevano a rimandarla proprio per non doversi recare dal medico di base o peggio ancora in un ospedale.

fonte: Corriere della Sera, lunedì 6 febbraio 2023 – dataroom

Anche la pubblicazione “Liste e tempi di attesa in sanità – Innovazioni, soluzioni e sfide per le regioni e le aziende sanitarie italiane”, a cura dell’Academy of Health Care Management Economics della SDA Bocconi, evidenzia il calo o meglio il crollo delle prestazioni di specialistica ambulatoriale nel 2020 e nel 2021. Il primo trimestre del 2021 (confrontato con il 2018) ha fatto registrare una riduzione di quasi il 20%, mentre il secondo trimestre, del 15,8%. Il trend sembra essersi invertito, ma attendiamo i nuovi dati ufficiali per capire cosa sia successo nel 2022.

La pubblicazione riporta anche i dati relativi ai tempi di attesa per alcune prestazioni chirurgiche nei paesi OCSE, e si nota come l’Italia non si colloca nelle posizioni di coda, anzi preformiamo meglio della media.

In un’ulteriore tabella, ci viene mostrato come, in Italia, i tempi di attesa per prestazioni “solventi” sia presso strutture pubbliche che private accreditate abbiano tempi di attesa drasticamente inferiori alle prestazioni in strutture pubbliche.

Questo è il problema fondamentale. Perché questo succede? Quali sono le ragioni e le motivazioni di questa differenza così marcata? È possibile invertire il trend e cambiare la situazione?

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Il Censis nel Report “Welfare e Salute Pubblica” del 2019 riporta una situazione molto più difficile. Si parla di addirittura oltre 19 milioni di italiani che hanno provato, inutilmente, a prenotare una prestazione tramite SSN, ma viste le infinite liste di attesa, hanno dovuto rivolgersi alla sanità a pagamento, privata o intramoenia. Si parla di cittadini italiani che non hanno avuto accesso, per lentezze nell’erogazione del servizio in tempi adeguati a prestazioni incluse nei Livelli essenziali di assistenza (LEA), prescritte ovviamente dal medico curante. I Lea, a cui si ha diritto sulla carta, in realtà sono in gran parte negati a causa delle difficoltà di accesso alla sanità pubblica.

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Le soluzioni auspicabili

1) Miglioramento del monitoraggio delle attività connesse alla sanità a livello Stato/Regioni.  È fatto obbligo alle Regioni garantire l’equilibrio nel settore sanitario con riferimento a ciascun anno. Questo deve avvenire tramite l’integrale copertura degli eventuali disavanzi sanitari da parte delle regioni che li hanno determinati. Vi è poi l’obbligo della redazione di un Piano di rientro per le regioni con disavanzi sanitari superiori alla soglia fissata per legge fino al commissariamento della funzione sanitaria, qualora il Piano di rientro non sia adeguatamente redatto o non sia attuato nei tempi e nei modi previsti. In questa ottica si spiegano gli emendamenti chiesti dalle Regioni alla legge di Bilancio 2023. Ad esempio l’attuazione del Piano per la Salute che consentirebbe, per il triennio 2023-2025, alle Regioni che siano in equilibrio economico, che abbiano garantito i Lea e che abbiano almeno avviato il processo di adeguamento relativo agli standard ospedalieri, di aumentare i salari nell’ordine di 200 mln.

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2) L’implementazione del Sistema tessera sanitaria ha consentito di sviluppare un sistema informativo centrale a livello regionale, delle prescrizioni mediche in grado di potenziare il monitoraggio della spesa sanitaria e la verifica della appropriatezza prescrittiva, attraverso la rilevazione, su tutto il territorio nazionale, dei dati relativi alle ricette mediche. Tali funzionalità sono state ulteriormente ampliate anche in riferimento alla trasmissione delle spese mediche per il 730 precompilato.

3) Il fascicolo sanitario elettronico è un insieme di dati e documenti digitali di tipo sanitario e socio-sanitario generati da eventi clinici, riguardanti l’assistito, riferiti a prestazioni erogate dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e, da maggio 2020, anche da strutture sanitarie private.

Il FSE è messo a disposizione dalle regioni con le seguenti finalità:

  • Prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione; 
  • Studio e ricerca scientifica in campo medico, biomedico ed epidemiologico;
  • Programmazione sanitaria, verifica delle qualità delle cure e valutazione dell’assistenza

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4) PNRR – Capitolo 6 La Salute

Il PNNR ha in previsione di stanziare più di 15 mld di EUR per il miglioramento del Sistema Sanitario Nazionale, e due sono gli ambiti principali:

Le infrastrutture, con investimenti sulle reti di prossimità, le strutture così dette intermedie, la telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale.

In questo caso si tratta di potenziare il SSN allineando i servizi delle comunità e dei pazienti, anche alla luce delle criticità emerse nel periodo di pandemia, rafforzare le strutture e i servizi sanitari di prossimità e i servizi domiciliari e sviluppare soluzioni di telemedicina avanzate a sostegno dell’assistenza domiciliare.

L’aggiornamento tecnologico e digitale, con investimenti su innovazione, ricerca e digitalizzazione del SSN. Gli interventi previsti in questo ambito si possono così riassumere:

  • Rafforzamento del sistema di raccolta e analisi dei dati necessari alla governance del SSN,
  • Fascicolo sanitario elettronico – Ricetta medica elettronica,
  • Progetto pilota di Intelligenza artificiale,
  • Sviluppo e applicazione della telemedicina.

si accede cliccando sul pulsante Scarica il Piano

5) Sanità a pagamento 

Da Rapporto del Censis si legge che il ricorso alla Sanità a pagamento non è visto come un ricorso a spese sanitarie inappropriate, una sorta di “consumismo sanitario”, ma da un vero e proprio ritardo tra le prestazioni prescritte dai medici e la possibilità dei cittadini ad accedere alle strutture sanitarie pubbliche.

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Abbiamo già visto in precedenti articoli, che negli ultimi anni la spesa out of pocket, cioè sostenuta direttamente dalle famiglie è in continuo aumento, arrivando a toccare la cifra di 36 mld di EUR all’anno.

Questa tendenza è vista in aumento nei prossimi anni anche a causa di una drastica percezione dell’efficienza del SSN, ma anche per ragioni puramente demografiche: l’invecchiamento della popolazione spinge certe fasce di utilizzatori ad avvalersi della sanità privata, se le condizioni economiche lo consentono.

Non è dunque meglio assecondare questo trend e prevedere, come in parte è stato già fatto, una serie di misure anche fiscali per facilitare l’acquisto di soluzioni per il pagamento delle spese sanitarie?

Ad esempio dopo l’entrata in vigore del Job Act, è cresciuto in maniera significativa l’adesione a Fondi Sanitari integrativi e Complementari che ora è prevista per la quasi totalità dei lavoratori dipendenti con un contratto collettivo nazionale, anche grazie alla loro deducibilità. Questo significa che la defiscalizzazione di questo “benefit aziendale” è stata la chiave di volta per la diffusione del prodotto.

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Se la leva fiscale è stata la chiave per la diffusione della prodotta “sanità privata” per le persone giuridiche perché non replicare la medesima soluzione per le parte iva? Sappiamo che per le persone fisiche il vantaggio fisale è molto limitato, pari al 19% del premio fino ad un massimo di 1.300€.  Immaginate invece il premio di un Fondo Sanitario o di una polizza assicurativa interamente deducibile per una partita iva: la diffusione del prodotto potrebbe avere un impulso molto forte.

La medesima osservazione si potrebbe fare per un’altra soluzione assicurativa: la polizza Long term care, ovvero la polizza anti-badanti. Ma questa è un’altra storia che tratteremo nel prossimo articolo.

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